02 Maggio 2010, 14:47
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Il day after è momento di bilanci. E a ventiquattr’ore dalla fine della drammatica maratona che ha portato l’Ars ad approvare finanziaria e bilancio, è forse già possibile provare a tracciare col gesso in mezzo alla lavagna una riga verticale per dividere i vincitori dai vinti.
Nella colonna dei primi, con buona pace di tutti, è difficile non cominciare dal Partito democratico. Per mesi è stato criticato e attaccato, anche da qualche suo dirigente e da molti suoi elettori, ma in questa sessione di bilancio, i democratici siciliani hanno portato a casa un risultato forse oltre ogni previsione ottimistica. I loro voti erano vitali per il governo di Lombardo. E i democratici potranno dire alla loro gente di vaerli barattati non con posti di sottogoverno ma con misure politiche. Tra queste, alcune sono sicuramente molto interessanti. A partire dal credito di imposta (sul quale c’è anche, è giusto ricordarlo, la firma di D’Asero del Pdl lealista) che permetterà alle aziende di risparmiare centinaia di euro al mese per i nuovi assunti. E poi l’apertura pomeridiana delle scuole e l’acqua pubblica, altre due battaglie di sinistra vinte. E ancora l’abolizione del ticket per i più poveri e la cura dimagrante per le società partecipate, le zone franche urbane, ma anche altre mininorme targate Pd che si trovano spulciando tra le pieghe della manovra, come lo stop agli aumenti dei canoni dei consorzi di bonifica, una boccata d’ossigeno per le imprese agricole. La scommessa era azzardata ma il Pd fin qui l’ha vinta. Senza spaccarsi più di tanto. I tre deputati più critici sull’accordo, Donegani, Mattarella e Barbagallo, non hanno partecipato al voto, ma senza far troppo rumore. “Il nostro si alla finanziaria – ha detto oggi il segretario Giuseppe Lupo – non è un voto di fiducia al Governo regionale ma un atto di responsabilità nell’interesse dei siciliani”. Ma guardando al rapporto col governo, resta un problema di prospettiva per il partito, che a giugno dovrà interpellare la base sulle prossime mosse nei confronti di Lombardo.
Ed eccoci al secondo vincitore. Proprio lui, il governatore. Che malgrado le grosse difficoltà legate a problemi politici e giudiziari, ha superato, in extremis, l’ennesimo scoglio. Lombardo forse difetta di strategia, ma sulla tattica è imbattibile. Ha varato una finanziaria di sinistra perché sapeva che era lì che bisognava pescare i voti, anche a scapito dei suoi stessi assessori, che soprattutto sul bilancio si sono visti impallinare decine di emendamenti già in commissione. Per non scontentarli troppo (Strano, ad esempio, s’è infuriato un paio di volte negli ultimi giorni, e Venturi è apparso tutt’altro che lieto), Lombardo e Cimino hanno rimediato con qualche emendamento dell’ultima ora, che nella lunga notte del 30 aprile ha rimpinguato le casse degli assessorati alla Sanità, al Turismo (dopo la dieta del bilancio), ai Beni culturali e alle Attività produttive (con un po’ di soldi per i consorzi Asi). Un po’ per uno, Lombardo continua a tenersi stretti quanti gi servono e a mantenere inoffensivi i suoi nemici, pronto, se è il caso, anche a rinunciare a qualcosa, come ala norma, saltata alla fine dal maxiemendamento del governo, che voleva permettere di nominare capi di gabinetto esterni negli assessorati (a uso e consumo, pare, del governatore, in vista di un ipotetico passaggio del testimone alla Presidenza tra Scimemi e Galati).
Tra i vincitori non si può non annoverare, infine, il presidente dell’Assemblea Francesco Cascio. Ha gestito la pratica spinosissima, con sicurezza e senso delle istituzioni, offrendo a un governo che non ama una collaborazione leale. Se l’Ars è riuscita nel mezzo miracolo di chiudere (quasi) in tempo, molto si deve a lui, ai suoi vice e all’ufficio di presidenza.
Sulla colonna dei vinti saremo più rapidi. È l’opposizione a finirci, tutta quanta. Al momento del voto, contro la manovra si sono espressi in 24. Pdl lealista e Udc contano 31 deputati (30 escludendo Cascio, che non vota). E già questo dice qualcosa. Per il resto, in Aula si sono visti tanti interventi stizziti, ma poca capacità di incidere nei contenuti da parte di un’opposizione cui va dato atto, però, di aver saputo manifestare un certo senso di responsabilità, dopo l’ostruzionismo sfrenato delle prime ore. Qualcosina Udc e Pdl lealista sono pure riusciti a portarla a casa. Ma la tenuta della grande coalizione “per le riforme” che li ha scalzati dalle stanze del potere non è una buona notizia per i seguaci di Alfano, Schifani e Cuffaro.
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02 Maggio 2010, 14:47