Violenze e abusi sui minori |Come riconoscerli e intervenire

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26 Ottobre 2014, 17:00

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CATANIA – “Il 99% dei minori vittima di abuso o violenza ha con il carnefice una relazione di stima e fiducia”. Il dato proviene dalla Procura di Catania, in particolare dal pool di magistrati coordinato dal procuratore aggiunto Marisa Scavo, che si occupa dei reati contro le fasce deboli. Percentuali che forniscono un quadro drammatico: la violenza sui bambini, nella maggior parte dei casi, è perpetrata da un familiare o, comunque, da persone che rientrano nella sfera affettiva del minore, vittima di abuso. E i fatti di cronaca degli ultimi mesi sono la conferma di questa analisi: appena una settimana fa la polizia ha arrestato un padre accusato di violenza sessuale nei confronti della figlia di otto anni.

I CAMPANELLI D’ALLARME. L’emersione del reato è molto difficile. Se la violenza riguarda l’ambiente domestico, in molti episodi si cerca di “risolverlo in famiglia”. “La provenienza della notizia di reato – afferma il sostituto procuratore Lina Trovato, con anni di esperienza in questa tipologia di indagini – può avvenire attraverso la denuncia di un genitore, o la segnalazione di un insegnante, di un operatore”. In alcuni casi potrebbe provenire anche da una struttura sanitaria, il medico che effettua al minore una normale visita pediatrica o un controllo medico, può rendersi conto di una lacerazione e segnalare il caso sospetto alle autorità. L’importante è stare attenti ai campanelli d’allarme: l’abuso potrebbe annidarsi dietro un disturbo, un ritardo nell’apprendimento, una disagio comportamentale.

L’ABUSO VISTO COME GIOCO. Il minore non si rende conto di essere vittima di un abuso. Tutto è visto come un gioco. “Si entra – spiega ancora il pm Trovato – in un dimensione confusiva”. Il bambino non si rende conto di ciò che sta accadendo, molte volte lo capirà quando sarà adulto e avrà gli strumenti e le esperienze per “decodificare” quel tipo di “approccio”.

IL DELICATO LAVORO DEL MAGISTRATO. Chi opera in questo settore investigativo svolge un lavoro delicato, difficile e che “necessita di una grande professionalità e formazione” – spiega il sostituto procuratore Lina Trovato. Quando la vittima di un abuso o di una violenza è un minore, l’investigatore ha un doppio ruolo quello in primis di tutelare il bambino, e dall’altra parte assicurare alla giustizia il suo presunto carnefice. I protocolli investigativi per questo tipo di reati sono rigidissimi: soprattutto per quanto riguarda l’audizione e l’interrogatorio del minore.

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IL RACCONTO DEL BAMBINO. Quando si ha davanti un minore, che potrebbe essere vittima di un abuso, si “deve ascoltare con tutte le orecchie”. Il pm Lina Trovato evidenzia come chi è chiamato a svolgere indagini di questo tipo “non può sottovalutare alcun aspetto, da quello familiare, educativo e ambientale “. Questa analisi è fondamentale nell’ascolto del minore. Il bambino non utilizza termini appartenenti al linguaggio erotico nel suo racconto. “Potrebbe parlare – precisa il magistrato – di aver avvertito un dolore, di aver sentito un cattivo odore, o evidenziare elementi sgradevoli”. In una situazione di domanda e risposta,  si potrebbe inoltre incorrere in quello che gli esperti chiamano “relazione di compiacenza”, e dunque le risposte del piccolo potrebbero essere “viziate” dal bisogno di “compiacere il proprio interlocutore”. Il pm, quindi, deve essere cauto a filtrare le informazioni, ma soprattutto deve “decodificare” possibili suggestioni o falsi ricordi del minore. Per questo il lavoro della Procura è affiancato da un pool di esperti, tra cui neuropsichiatri infantili, psicologi e assistenti sociali. In alcuni casi, soprattutto se si tratta di bimbi inferiori ai tre anni, il pm sceglie di non utilizzare l’audizione della presunta vittima come fonte di prova. Questo perché la tutela del minore è superiore a qualsiasi altro obiettivo investigativo.

LE INTERCETTAZIONI. L’attività tecnica è fondamentale in questo tipo di indagini. Intercettazioni telefoniche e ambientali, anche video, hanno permesso di portare brillanti risultati in moltissime indagini coordinate dalla Procura etnea e condotte da polizia e carabinieri di Catania. “Gli investigatori sono eccezionali in questo – evidenzia Lina Trovato – in molti casi monitorano il bambino h24”. Sui mezzi messi a disposizione del legislatore in tema di intercettazioni per questo tipo di indagini, il magistrato evidenzia “la grandissima limitazione data dal fatto che si può intercettare solo l’ambiente dove si ha ragione di presumere che si consumi il reato”.

LE NUOVE TECNOLOGIE. E poi c’è “il buco nero” dato dall’avvento delle nuove tecnologie. Internet, social network, whatsapp sono le nuove piattaforme dove “i nativi digitali” diventano vittime, anche inconsapevoli, di nuove forme di abuso. L’adescamento su facebook, il “sexting”, la pedofilia on line. “Ma in questi caso – afferma il pm Lina Trovato – ha un ruolo fondamentale la famiglia”. Le vittime più diffuse sono dell’età preadolescenziale, tra gli 11 e i 13 anni. La polizia postale di Catania è tra quelle d’Italia che ha ottenuto maggiori risultati nel contrasto a queste forme di reato. “Siamo stati i primi – afferma il pm – a indagare nel deep web, da qui è partita l’inchiesta Tor che ha portato anche ad identificare alcune vittime e ad arrestare diversi soggetti”. Una di loro era una madre del catanese che “seviziava” il figlio: contro di lei si è proceduto con il rito abbreviato, il procedimento si è concluso con una condanna.

 

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26 Ottobre 2014, 17:00

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