29 Novembre 2020, 06:30
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PALERMO- L’ultima speranza è che il corpo del ragazzo, o quello che ne rimane, possa tornare a casa, sulla terraferma. Tanti giorni sono ormai passati dal naufragio del peschereccio ‘Nuova Iside’ e dalla morte del suo equipaggio: Matteo, il padre del giovane comandante, e Giuseppe, il cugino, sono stati rintracciati, con le loro sembianze umane, per legarsi all’amore che non li dimenticherà mai. Vito Lo Iacono, invece, no. È rimasto disperso, aggrappato alla sua nave, come fanno i capitani coraggiosi. Lui lo era e non inganni la sua faccia da ragazzo, perché lo sguardo già raccontava la forza di un uomo.
“Voglio sapere se il corpo ritrovato nella spiaggia di San Ferdinando in Calabria lo scorso 20 giugno è quello di mio figlio Vito”. È il grido di Rosalba Cracchiolo, madre di Vito e moglie di Matteo. Anche la tragedia che si sovrappone riguarda quei resti finora ignoti e un dolore che cerca un po’ di pace. “Alla fine del mese di settembre, i parenti dello scomparso Vito Lo Iacono, la mamma e la sorella – ha spiegato l’avvocato Aldo Ruffino che assiste i familiari – sono stati invitati al prelievo di campione biologico al fine di comparare il loro Dna con quello del corpo ritrovato in spiaggia. Sono andate a Messina per eseguire i prelievi dei campioni da analizzare ma non hanno ancora avuto notizie sull’esito dell’esame”. Il prelievo – secondo le notizie circolate in un primo momento – sarebbe stato eseguito pure sui familiari di Francesco Vangeli, ventiseienne calabrese scomparso, ma il legale della famiglia precisa che non è andata così e narra le dolenti circostanze, in calce a una sciagura doppia e al giallo di spoglie ancora senza un nome, restituite dalla forza del mare. A chi appartengono quelle tracce umane? A Vito? A Francesco? Oppure a chi?
“Si tratta di una vicenda che adesso vede intrecciarsi la pena di due nuclei familiari – aggiunge l’avvocato Ruffino -. Noi speriamo di avere le necessarie informazioni al più presto e non ci fermeremo nella ricerca della verità. Ora c’è una possibile svolta, dopo mesi in cui era sembrato il contrario, vedremo”.
“In realtà – dice l’avvocato Francesca Comito che segue i familiari di Francesco Vangeli, con la mamma Elsa in testa – alla mia assistita non è stato prelevato il Dna e nemmeno ai parenti, è stata convocata per ricostruire il suo albero genealogico. Francesco è stato assassinato due anni fa e abbandonato in un affluente del fiume Mesima, vicino al luogo in cui è stato ucciso. C’è un processo che darà, a breve, risposte sulla vicenda e c’è una madre distrutta dal lutto e dall’attesa. Per ciò che sappiamo noi, è difficile che il corpo, data la statura e l’avanzato stato di decomposizione, possa essere quello del povero Vito. In effetti potrebbero essere i resti di chiunque. Ovviamente immaginiamo l’angoscia della famiglia Lo Iacono a cui siamo vicini”.
Si comprende ancora di più, a filo delle parole dei legali, che hanno presentato un’istanza, quanto sia atroce il frangente che vede donne che non si conoscono in attesa di sapere se un corpo appartiene al figlio. Storie diverse, con processi da celebrare e sentenze da scrivere. E una spina profondamente conficcata nel cuore di due madri.
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29 Novembre 2020, 06:30