Viva la libertà | fra politica e follia - Live Sicilia

Viva la libertà | fra politica e follia

Un'analisi dell'ultima opera cinematografica del regista palermitano Andò. La questione politica balza in prima linea, spinta dalla chiamata alle urne degli ultimi giorni e dal clima di sfiducia e timida speranza che ci circonda.

“Viva la libertà!”. È questo il grido di Roberto Andò, che fa da titolo al suo ultimo e bellissimo film, in cui un magistrale Toni Servillo accompagna lo spettatore nel sentiero intricato dell’animo umano. I piani di lettura del film sono molteplici, così come molteplici sono gli spunti di riflessione. La questione politica balza in prima linea, spinta dalla chiamata alle urne degli ultimi giorni e dal clima di sfiducia e timida speranza che ci circonda.

Accanto alla politica, il tema della follia, non come patologia mentale o condizione di sofferenza, ma colta nel suo senso metaforico e romantico: follia come estro creativo. Folle come colui che, in un modo di ignoranti, crede ancora nel potere della cultura; follia come capacità di guardare là dove gli altri, “i sani”, non riescono a vedere; follia come opportunità di vivere in un mondo diverso, avulso dagli schemi del quotidiano. Trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica di tutte le vostre costruzioni.

Ma cosa hanno in comune la follia e la politica, se pensiamo alla prima come rottura dalla vita reale, ed alla seconda come ciò che da forma alla vita reale stessa? La soluzione di tale dicotomia è racchiusa in una battuta del film: “ la politica è una costante invenzione della realtà ”, in cui dunque il folle ed il politico, chi in un modo, chi nell’altro, reinventano e costruiscono la loro realtà.

Nessun giudizio però si cela dietro questa affermazione, ma piuttosto una riflessione che nasce alla luce dei successi politici che il gemello Giovanni riesce ad ottenere e che porta ad interrogarci: un elogio alla “follia” poiché bisogna forse essere un po’ folli in senso romantico, e dunque capaci di questa visione “altra” delle cose, intrisa di pura passione, come appassionate sono le parole di Giovanni, per capire il paese e far vibrare le coscienze del popolo? oppure una denuncia alla Politica e ad una Paese tanto folli e lontani dalla res publica, come ai margini del mondo è la follia, da essere comprensibili solo attraverso lo sguardo alienato di un folle?

Ma Andò non si ferma, riuscendo a far emergere dal tema sociale della politica altre storie: la politica come gioco di ruoli, e dalla politica anche la vita come un gioco di ruoli, in cui “L’uomo scappa, ma la sua maschera lo insegue.” Ecco, quella maschera che insegue l’uomo in realtà è il suo copione, ovvero il ruolo che ha nella società. Maschera che certe volte può divenire dura come il ferro, vincolante, immodificabile ed indistruttibile. Il regista getta luce anche sul sottile confine che esiste tra maschera e persona, che, nel caso specifico della politica, si fondono spesso insieme, portandoci a chiedere: chi votiamo? La maschera o la persona che dietro questa esiste?

Lo scambio d’identità tra Giovanni ed Enrico, e la fuga di quest’ultimo dal palcoscenico della sua vita, diventano i testimoni della possibilità di esistere di nuovo, di cambiare, e di rinascere, anche quando si crede di essere metaforicamente “morti”, privi di qualsiasi slancio vitale come mostra il depresso Enrico, ed il suo fedele compagno Bottini. Follia e maschere richiamano il tema pirandelliano di “ uno, nessuno centomila”, in cui il lo scrittore ci ricorda come “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”, proprio perché quel “nessuno”, ovvero l’incapacità di entrare in contatto con la propria essenza più autentica, aleggia intorno a noi, come la nebbia, impedendoci di guardare là dove il folle Giovanni riesce a vedere.

Ma sarà proprio questa nuova luce che fende la nebbia, a permettere di superare la scissione tra ciò che sono e ciò che gli altri vogliono che sia, permettendo al passato di ricongiungersi con il presente, ed aprirsi così al futuro, infondendo la possibilità di cambiamento e di riscoperta.

Il gemello diviene così alter ego, non più scisso, ma nuovamente parte di sé, in uno scambio reciproco delle parti, in cui il dubbio lecito dello spettatore rimane: chi è adesso Servillo? Enrico o Giovanni? La gemellarità allora diviene solo un espediente per ricordarci che, solo integrando nel nostro Essere la parte “folle” ma più autentica che appartiene ad ognuno di noi, potremo far sì che l’energia sotterranea che essa nasconde e assorbe divenga disponibile all’Io, e che tutti i contenuti positivi che la formano ci permettano di “attingere a tutto un livello celato di potenzialità individuali” . Viva la liberta, dunque! Quella libertà che Enrico ha conquistato, e che adesso spetta a noi riscoprire.


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