08 Marzo 2013, 17:15
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PATTI – Il giorno dopo, a Patti, ci sono due vincitori e una pletora di sconfitti. I vincitori sono il sindaco Mauro Aquino, uscito trionfalmente dalle elezioni del 2011 nonostante il raggiro che secondo la procura sarebbe stato organizzato per sbarrargli la strada verso il successo, e un ex operatore Rai. Il nome di quest’ultimo è Franco Zanghì, è un giornalista professionista e da qualche tempo tiene un blog, Tiggì6, nel quale racconta i fatti della città: è stato lui, prima degli altri, a intuire che qualcosa non era chiaro nei trasferimenti di massa a Patti alla vigilia delle elezioni ed è stato dunque lui a dare l’imbeccata giusta alla polizia, che ieri ha dato una svolta alle indagini su 156 persone notificando 12 misure cautelari. L’accusa principale, appunto, è di voto di scambio e falso in atto pubblico: trasferimenti di residenza che sarebbero stati organizzati ad arte per influenzare le elezioni di due anni fa e, in qualche caso, anche presunti favori in cambio di consensi.
Gli sconfitti, invece, stanno dalle parti del centrosinistra. Già, perché al centro di tutto c’è Francesco Gullo, “Cisco” per tutti, il dominus incontrastato del centrosinistra locale che a quelle elezioni aveva schierato il nipote Luigi per la corsa a sindaco e che a quelle di pochi giorni fa ha visto la figlia, Mariella, correre – con successo – prima alle Primarie del Pd e poi alla Camera. In famiglia, oggi, ci sono bocche cucite: Francesco – definito dai magistrati “promotore, organizzatore e capo indiscusso” dell’organizzazione che avrebbe gestito il raggiro – è ai domiciliari, Luigi e Mariella sono stati iscritti nel registro degli indagati. “Sono un avvocato – si limita a dire Luigi Gullo – e per fede credo nella giustizia. Non conosco le carte, però mi sembrano cose fuori dal mondo. Si confonde la leadership politica con un’associazione a delinquere”. Mariella Gullo, invece, al momento preferisce non parlare con i giornalisti: annuncia una nota con la quale affidare le sue parole alla stampa, ma intanto oggi è stata a Messina, dove il centrosinistra locale ha analizzato la situazione. Le conclusioni le traccia Francantonio Genovese, che proprio al fianco di Mariella Gullo ha corso alle Primarie: “Devo dire che sono dispiaciuto – scandisce l’ex sindaco della città dello Stretto – ma il Pd deve tutelarsi. Scatterà la sospensione finché non si chiariscono i fatti. L’inchiesta, però, mi sorprende”.
Chi non è sorpreso è invece Zanghì. “In paese – afferma il giornalista – lo sapevano tutti. Si diceva ‘mi fanno il favore’, ‘padre Pio mi ha concesso la grazia’. Queste cose si vengono a sapere”. Così l’informazione è arrivata al vice-questore aggiunto Enzo Coccoli, che ha disposto appostamenti a ridosso delle case nelle quali i neo-residenti avevano detto di essere andati a vivere, per lo più bed and breakfast o edifici in costruzione. “L’inchiesta – assicura Coccoli – è stata condotta con molte tecniche investigative: l’appostamento, il riscontro cartaceo, il riscontro individuale. Significa che l’indagine è blindata dal punto di vista dell’ipotesi accusatoria”. Che, secondo il procuratore Rosa Raffa, che ha condotto le indagini con il sostituto procuratore Rosanna Casabona, ha evidenziato “vere e proprie migrazioni verso Patti”.
Fra i migranti c’era anche Mariella Gullo. L’accusa nei suoi confronti, in fondo, è blanda: avrebbe trasferito solo sulla carta la residenza da Montagnareale a Patti proprio per votare il cugino, ma alla parlamentare non è ancora stato notificato alcun avviso di garanzia. Certo è che a Patti il Pd l’ha usata come una bandiera: sulla pagina Facebook del partito campeggia ancora l’invito a votare democrat per cogliere l’occasione di avere una rappresentante in Parlamento della cittadina. Quell’invito, dicono, è lì dall’indomani delle primarie, alle quali la parlamentare fu seconda solo a Genovese per numero di preferenze. E lui, l’ex sindaco peloritano, non sconfessa il tandem: “Non rinnego il rapporto storico con la famiglia Gullo”, taglia corto Genovese.
Ma se Mariella Gullo tace, il centrosinistra di Patti non spicca per loquacità. In città sono in molti a sottrarsi al taccuino del cronista: c’è chi ha l’influenza e chi non conosce le carte, chi vuole solo che si scriva “che sono colpito” e chi preferisce tacere. Chi parla, però, racconta di una coalizione “investita da un terremoto”: “Onestamente – dice il presidente del consiglio comunale, Giorgio Cangemi, di area Pd – è una notizia che non ci aspettavamo. Ho grande fiducia nella magistratura, ma comunque è ancora presto per stabilire le colpe. Ancora il centrosinistra non si è riunito, ma dobbiamo trovare la forza per individuare ciò che di costruttivo possiamo imparare da questa vicenda”.
Il problema, però, non sta solo nel centrosinistra. Nell’operazione di ieri è finito ai domiciliari anche il presidente della commissione Servizi sociali del consiglio comunale, Domenico Pontillo, e altri due componenti dell’assemblea cittadina, Pasqualino La Macchia e Filippo Tripoli, hanno ricevuto un divieto di dimora. Le conseguenze sono naturali: “I fatti emersi dalle indagini – attacca il sindaco Aquino – sono gravissimi ed evidenzierebbero un risultato falsato. Non per la guida del Comune, dove ho ottenuto una vittoria che a questo punto vale doppio, ma per il consiglio comunale: alcune liste sono finite sotto lo sbarramento per una manciata di voti, altre sopra per lo stesso motivo”. Non stupisca, la circostanza: Aquino, in consiglio comunale, non dispone della maggioranza, visto che al primo turno era arrivato secondo. Per questo motivo, il sindaco ha chiesto un parere alla prefettura per capire se le elezioni del consiglio debbano essere annullate. Ma non solo: “C’è un dato politico su cui riflettere – prosegue – ed è la sorte dei tre consiglieri raggiunti dalle misure di ieri. Di certo non sono colpevoli fino a sentenza definitiva, ma sarebbe bello se volessero restituire la serenità al consiglio traendo le conseguenze della situazione”. Per discuterne, però, c’è tempo. Il consiglio comunale è fissato per il 21 marzo: “Al momento – spiega Cangemi – proseguiremo con diciassette consiglieri”.
Quel che non proseguirà come prima, invece, è l’organizzazione dei vigili urbani. Nelle carte delle indagini spuntano anche il nome del vice-comandante Carmelo Lembo e dell’ispettore Giuseppe Panzalorto, ma per il sindaco “è il corpo stesso a essere stato travolto dall’inchiesta. Nell’indagine ci sono funzionari con ruoli-chiave. Stiamo valutando cosa fare: è chiaro che qualcosa, a tutela di un corpo nel quale lavorano anche persone di grande livello, dovrà essere fatto”. Il sindaco, però, ha pochi minuti. Come molti, nel palazzo travolto dal terremoto, ha un appuntamento in Procura. L’unico palazzo del potere rimasto stabile a Patti. Perché il giorno dopo, nella cittadina, gli sconfitti sono molti più dei vincitori.
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