04 Aprile 2018, 16:32
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PALERMO – Non fu una campagna elettorale, ma un grande inganno. Secondo il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Termini Imerese Stefania Gallì, i fratelli Salvino e Mario Caputo si sarebbero presi gioco degli elettori. Il loro sarebbe stato un attentato al diritto di voto dei cittadini.
Il Gip ritiene che ci siano profili penali in quella che finora, agli occhi dei più, era sembrata una furbata da campagna elettorale. E cioè la scelta di aggiungere “detto Salvino” accanto al nome del meno conosciuto dei fratelli, Mario. Una pratica parecchio diffusa nella corsa al voto, ma i fratelli Caputo sarebbero andati oltre il lecito.
Il giudice ha scelto una linea più dura di quella proposta dalla Procura diretta da Ambrogio Cartosio. L’articolo contestato è il 294 del codice penale: “Chiunque con violenza, minaccia o inganno impedisce in tutto o in parte l’esercizio di un diritto politico, ovvero determina taluno a esercitarlo in senso difforme dalla sua volontà, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.
Salvino Caputo, incandidabile per una condanna passata in giudicato, aveva chiesto la riabilitazione. Ed era convinto di ottenerla. Il 19 giugno spiegava: “… mi sto facendo le elezioni… ho preso i miei consiglieri comunali….mi sto programmando la candidatura… le regionali, ‘Noi con Salvini’… io ce la faccio a essere eletto”.
A settembre lo scenario cambiò. Le speranze di correre in prima persona si era spenta con il no alla domanda di riabilitazione. Salvino Caputo, però, preferì non dirlo ad Alessandro Pagano, suo riferimento nella Lega di Matteo Salvini. Fece finta che la decisione fosse stata rinviata. Prima fece un passaggio chiedendo un parere legale all’avvocato gaetano Armao, poi divenuto assessore della giunta Musumeci, che “gli prospetta la possibilità di candidare il fratello”. A quel punto Pagano, da qui l’accusa che gli viene contestata di essere stato l’istigatore dell’inganno, propose a Caputo una soluzione: “Non posiamo prendere seimila voti e buttarli al macero… al limite candidi tuo figlio… tu continui a essere più forte di tutti… io ho già una soluzione. Quale è… Caputo senza fotografia… come si chiama tuo figlio non so… detto Salvino punto e basta… funziona così…. non può esistere che perdiamo questa opportunità… lo abbiamo costruito da sei mesi e ora sul traguardo…”. In una successiva telefonata anche il deputato nazionale uscente della Lega, Angelo Attaguile, sposò la soluzione di Pagano: “Ho parlato con Alessandro… la soluzione che ha posto lui è ottima… quella detto Salvino… di candidare tuo figlio”.
Pagano, dunque, suggeriva l’escamotage di candidare un parente dell’ex sindaco di Monreale. I carabinieri del Comando provinciale di Palermo, guidati dal colonnello Antonio Di Stasio, e della compagnia di Termini Imerese avevano ormai attivato le intercettazioni. Alla fine il candidato alle elezioni regionali dello scorso novembre non sarà il figlio, ma il fratello Mario. Anche perché, “molta gente faceva affidamento su me – spiegava Salvino Caputo – sul ruolo futuro… sulle prospettive che c’erano….e si sono spostati specialmente in provincia… grandi elettori…. un lavoro certosino… sarebbe stato un exploit…”.
Mario Caputo, secondo l’accusa, sarebbe stato un prestanome politico del fratello che gli spiegava: “… tieni conto che molti sapranno che sono io il candidato perché non tutti sono raggiungibili o tutti sanno che io non mi candido.. specialmente nei paesi, si gioca con l’equivoco….sul fatto anche Caputo detto Salvino… infatti nel partito anche su questo insistono”.
L’importante era che agli elettori venisse nascosta la verità. “… la gente fuori non deve sapere – aggiungeva Benito Vercio, pure lui ai domiciliari – l’unica strada è Salvini a livello nazionali e Salvino alle regionali… è l’unica soluzione”.
L’inganno è servito. “Ci sono nei paesi gente persone che non sanno che non sono io il candidato – raccontava Salvino Caputo – sono convinti che sono io e quindi vanno a scrivere Salvino Caputo che faccio perdo i voti?”.
Una convinzione che viene fuori dalle telefonate con tanti elettori. Il fratello Mario restò un comprimario nella campagna elettorale. La gente chiamava l’ex sindaco ed ex deputato regionale: “Siamo con lei siamo con lei… buongiorno dottore Caputo…. io sto lavorando per lei con gli operai in campagna… raccogliamo le olive perché di pomeriggio sanno già sanno quello che devono fare lor va bene?”.
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04 Aprile 2018, 16:32