Cronaca

Voto di scambio politico mafioso: il ricorso e l’udienza a Catania

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06 Luglio 2024, 04:59

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PATERNÒ (CATANIA) – È stato uno dei punti nevralgici dell’inchiesta sulle attività del clan Morabito Rapisarda, che la scorsa primavera ha scosso dalle fondamenta la città di Paternò. Un’ipotesi di voto di scambio politico mafioso che ha visto iscritto sul registro degli indagati pure il sindaco Nino Naso.

Il sindaco è indagato in concorso con gli ex assessori Pietro Cirino e Salvatore Comis. Accusa ipotizzata in concorso anche con due presunti esponenti del clan Laudani in città, ovvero Vincenzo Morabito e Natale Benvenga.

Comis “a disposizone”

Per l’accusa Comis si sarebbe messo a disposizione dell’associazione per orientare la sua futura attività politica in favore dell’associazione mafiosa, quale uomo di fiducia di Benvenga. Il sindaco invece avrebbe promesso l’assunzione di uomini vicini al clan nella società della nettezza urbana.

Sempre secondo l’accusa Naso avrebbe fatto assumere due persone, con un contratto a tempo determinato, che avrebbe anche fatto, sempre lui, rinnovare. E nominato Comis come assessore della sua giunta, nonostante fosse ritenuto dalla Dda “colluso”, perché un uomo di fiducia del clan.

Il gip ha detto no

Ma le ipotesi di reato non hanno convinto il Gip. Per il giudice anzi deve proprio “escludersi la sussistenza dei necessari gravi indizi di reato”, in riferimento alla posizione del sindaco. La Dda di Catania non ci sta e adesso il Tribunale del Riesame ha stabilito una data, tra due mesi e mezzo, in cui si deciderà sul ricorso dei magistrati del requirente.

Al centro dello scandalo, ovviamente, è la figura di un mafioso, un presunto boss del clan Laudani come Vincenzo Morabito, uno dei referenti a Paternò dei cosiddetti “mussi i ficurinia”.

Il “boss” Morabito

Morabito, ai domiciliari, è accusato di essere uno storico appartenente al clan poi divenuto reggente assieme a Salvatore Rapisarda. A lui è contestata l’associazione mafiosa per un periodo piuttosto lungo, dal 2015 al 2022. Con l’aggravante di aver diretto il clan.

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Il 25 settembre, dopo la fine della pausa estiva dei processi, si andrà al Riesame. La Procura ha impugnato il mancato accoglimento della misura richiesta per il sindaco, ma anche altre singole parti della richiesta non accolte dal giudice. Per altri indagati.

Il sindaco

Per restare sulla posizione del sindaco, quella “promessa”, per l’accusa, sarebbe stata rispettata, ma in un modo insoddisfacente per i clan, tant’è che seguirono delle proteste piuttosto colorite.

Ma scrive il gip che, “anche a volere individuare un nesso di corrispettività tra la richiesta avanzata dal Morabito, la successiva assunzione delle due persone vicine all’associazione mafiosa e il sostegno elettorale in ipotesi garantito dalla stessa per il tramite della candidatura di Comis – si legge, in sintesi, nell’ordinanza – non appaiono nella specie comunque prospettabili – quali prestazioni corrispettive – “utilità” suscettibili di essere oggetto di immediata monetizzazione”.

Non è possibile ritenere monetizzabili “la promessa dell’assunzione di soggetti vicini all’associazione mafiosa”; né “l’impegno, poi, a procurarne il rinnovo del contratto a tempo determinato”. E la stessa nomina di Comis, per il gip, è frutto della definizione della tornata elettorale.

Manca l’accordo

Per il giudice manca “la dimostrazione dell’effettiva esistenza di una “negoziazione elettorale contra legem”, prosegue. E ricorda che questa negoziazione avrebbe dovuto avere, per configurarsi, “un marcato tratto distintivo di intima mafiosità, appunto in quanto contenente implicitamente il ricorso alla sopraffazione, nonché alla forza di coercizione che è propria della compagine mafiosa”.

Tutte circostanze che mancano, o sono del tutto smentite da quanto emerge nell’inchiesta. Questo ciò che ha messo, in sintesi, nero su bianco il gip. Sta di fatto che la Procura la vede in maniera diversa, non ha cambiato idea e ha fatto ricorso. Se ne parlerà in autunno.

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06 Luglio 2024, 04:59

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