16 Dicembre 2022, 17:42
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Barrafranca. L’ex sindaco di Barrafranca Fabio Accardi è stato rinviato a giudizio per voto di scambio politico-mafioso, per la vicenda relativa ai favori che avrebbe promesso, in cambio di una promessa di voti, dal boss ergastolano Raffaele Bevilacqua. La vicenda, ampiamente nota in paese, è quella che portò a una maxi-inchiesta con decine di indagati, arresti e financo allo scioglimento, per infiltrazioni mafiose, del Comune di Barrafranca, affidato a una commissione nominata con decreto del presidente della Repubblica. Accardi è difeso dagli avvocati Sergio Bonincontro e Tommaso Tamburino.
“Sono sereno e fiducioso. Dimostrerò in dibattimento la mia totale estraneità anche in ordine a questa nuova ipotesi accusatoria, così come sono riuscito a dimostrare la mia assoluta estraneità in ordine alla presunta estorsione in danno dell’Associazione temporanea di imprese che si è aggiudicata l’appalto settennale di raccolta dei rifiuti. Non ho mai e in nessuna occasione agevolato o favorito chicchessia e ben che meno componenti di consorterie mafiose o malavitose, avendo improntato sempre la mia azione amministrativa al rispetto della legge e al perseguimento esclusivo degli interessi dell’intera collettività”.
Il processo si aprirà il mese prossimo dinanzi al Tribunale collegiale di Enna. L’inchiesta dei carabinieri del Ros e del comando provinciale dell’Arma di Enna è stata coordinata dai sostituti procuratori della Dda Pasquale Pacifico e Nadia Caruso. All’ex sindaco è contestato, in pratica, di aver accettato la promessa di ottenere voti in vista della sua nuova candidatura a sindaco alle elezioni amministrative del 2021 “manifestando, in corrispettivo, disponibilità a facilitare l’assunzione di soggetti d’interesse dell’organizzazione mafiosa all’interno della Ati che si era aggiudicata l’appalto per la gestione dei rifiuti solidi urbani” a Barrafranca. Inoltre, secondo l’accusa, avrebbe manifestato la disponibilità a rilasciare in favore di Bevilacqua una certificazione da produrre al Tribunale di Sorveglianza di Catania che gli consentisse di essere trasferito in paese.
Il noto boss mafioso, uno che nel 2000 fu nominato “capo provinciale” da Bernardo Provenzano, qualche anno fa era stato posto agli arresti domiciliari per motivi di salute, nonostante una condanna all’ergastolo. Motivi di salute che non gli avrebbero impedito, secondo una sentenza di primo grado – per cui tuttora è in corso l’appello – di tornare a prendere in mano gli affari mafiosi, ricevere a Catania delinquenti del suo paese e studiare strategie criminali per favorire Cosa Nostra. Contando sull’aiuto dell’allora sindaco, in pratica, sperava di poter tornare a Barrafranca.
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16 Dicembre 2022, 17:42