21 Dicembre 2018, 20:45
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PALERMO – La campagna elettorale di Nicola Zingaretti fa tappa a Palermo. Il candidato alla segreteria nazionale del Partito democratico parla delle sfide nazionali ma negli interventi lo sfondo è quello delle non celebrate primarie siciliane: un episodio che Teresa Piccione, candidata poi ritiratasi, descrive come “una delle peggiori pagine della storia del partito” e che Zingaretti identifica come “il partito opposto” a quello da lui immaginato. “Il nostro Pd – ha detto – sarà un partito-comunità basato sul noi e non sull’io. Sarà l’opposto di quello che abbiamo visto nelle ultime settimane in Sicilia con una gestione che ha negato la democrazia e la partecipazione come pilastro di una comunità”.
Un discorso in piena sintonia con quello di Teresa Piccione, sul palco con il candidato nazionale. “Il partito – ha contestato l’ex deputata -, contrariamente a quanto è stato detto da Faraone nel giorno del suo insediamento, non è un contenitore ma una comunità di valori che rappresenta una proposta chiara sulle gambe di persone autentiche. E noi – ha concluso – abbiamo il compito di lottare per la storia di questo partito che ha raccolto le identità del comunismo, del cattolicesimo democratico e dell’ambientalismo”.
Insomma, all’area zingarettiana ancora brucia la ferita degli esiti della campagna congressuale siciliana ma già si è pronti alla nuova battaglia del 3 marzo. In sala c’erano i deputati regionali Giuseppe Lupo, Antonello Cracolici, Baldo Gucciardi, Anthony Barbagallo. C’erano ex dirigenti di partito come Mirello Crisafulli e Lillo Speziale, gli uomini del Pd nei consigli comunali come Giovanni Lo Cascio (Palermo) e tanti iscritti al partito. Vedendo la sala quasi piena qualcuno fa notare: “La vera notizia è che oggi qui c’è la gente”. Quelli che sembrano non esserci sono i giovani. Anche se presenti, infatti, la platea degli intervenuti ha un’età media alta e che non ha paura ad ammettere di avere provato “una certa commozione” ascoltando le parole dell’aspirante leader. I giovani che ci sono però sono meno sentimentali: “C’è bisogno di rinnovamento per ripulire il Pd dalle macerie che sono state lasciate da chi c’era prima”.
Zingaretti nel suo intervento ha parlato di un partito che non va messo in liquidazione ma che anzi va rilanciato. “Non dobbiamo permettere a nessuno – questa una delle prime battute del candidato segretario – di distruggere questo partito che dopo le sconfitte subite questo non avesse più nulla da dire. Anche oggi qualcuno pensa che debba essere questa la prospettiva. Invece – ha ammonito -, guai a noi se, mentre il governo giallo-verde fallisce e delude gli italiani, dimostriamo di essere disaggregati”.
Il governo del Movimento Cinque Stelle e della Lega, per Zingaretti, è l’avversario da combattere. Ma, quando gli è stato chiesto di commentare l’apertura di Gianfranco Miccichè ai moderati, il democratico ha espresso il suo “no ai trasformismi”. Durante il comizio la linea viene ribadita più di una volta. “Si illude – ha detto il candidato segretario – chi crede che il populismo si possa combattere con il trasformismo cioè mettendo assieme pezzi di classe dirigente. Dobbiamo costruire un rapporto vivo e fecondo con la società italiana. Quindi dobbiamo aprire il Partito all’associazionismo laico e religioso, alle esperienze civiche del territorio. Dobbiamo comprendere – ha concluso – che tutto quello che è fuori dal Partito democratico non è per forza contro il Pd”.
Infine, Zingaretti ha illustrato i contenuti della sua proposta politica: lavoro, sostenibilità ambientale e legalità contro tutte le mafie, ma soprattutto giustizia sociale ed Europa. Sul primo tema il democratico ha ricordato come la disuguaglianza è cresciuta non solo dal punti di vista reddituale ma con la “diminuzione dell’accesso a beni comuni come la Sanità, l’Istruzione, i Servizi comunali e il trasporto pubblico. Poi l’intervento si è spostato sull’importanza dell’Europa. “Dobbiamo dare – ha spiegato – una nuova missione all’Europa puntando su una democrazia comunitaria. La Cina spende oltre 400 miliardi in ricerca, l’Italia solo 26 miliardi. Non possiamo vincere la sfida del futuro con l’isolazionismo. Il sovranismo è il nemico dell’Italia. Dobbiamo fare capire alla gente che la fine dell’Europa è voluta da Trump, da Putin, dai capitalisti arabi, dalla Cina. Il problema – ha concluso – è che anche Salvini vuole la distruzione dell’Europa”.
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21 Dicembre 2018, 20:45