Arresti per mafia | C'è pure il candidato - Live Sicilia

Arresti per mafia | C’è pure il candidato

Terremoto politico-giudiziario con epicentro a Misilmeri. Arresti per mafia. Tra i coinvolti Vincenzo Ganci (nella foto), candidato al consiglio comunale nella lista Amo Palermo per Marianna Caronia. Un avviso di garanzia, sempre mafia, è stato notificato a Giuseppe Cimò, attuale presidente del Consiglio comunale del paese nel Palermitano.
Blitz a Misilmeri
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Dopo avere condizionato la vita amministrativa del comune di Misilmeri, la mafia puntava a fare il salto di qualità. Voleva piazzare un suo uomo al consiglio comunale di Palermo. I carabinieri del Reparto operativo e del Nucleo investigativo stanno eseguendo cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere. Anzi, quattro, perché c’è un nuovo latitante di mafia. Si tratta di Antonino Messicati Vitale, uomo d’onore di Villabate, uno che in carcere ha trascorso già un decennio. Ha sentito puzza di bruciato e si è dato alla macchia. Forse è volato in Sud Africa. Oltre a lui i provvedimenti colpiscono Francesco Lo Gerfo, indicato come il capomafia di Misilmeri, Mariano Falletta, anche lui di Misilmeri, e i palermitani Stefano Polizzi (presunto referente della cosca di Bolognetta accusato di estorsione) e Vincenzo Ganci (nella foto). Quest’ultimo è candidato al consiglio comunale nella lista Amo Palermo per Marianna Caronia sindaco. La carriera politica di Ganci è iniziata a Misilmeri, dove è stato eletto consigliere comunale nel 1998, prima che il Comune venisse sciolto per mafia. Assunto alla Gesip nel 2001, è attuale consigliere di circoscrizione (quartieri Oreto- Villagrazia-Falsomiele) eletto nel Pdl alle amministrative del 2007. Gli viene contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Il Comune di Misilmeri è nella bufera. Un avviso di garanzia, sempre per concorso in mafia, è stato notificato a Giuseppe Cimò, attuale presidente del Consiglio comunale del paese nel Palermitano. Avrebbe agevolato la cosca nell’aggiudicazione di alcuni appalti. Il mediatore fra il capomafia Lo Gerfo e il politico sarebbe stato proprio Ganci. Sulla base delle indagini eseguite dai militari, coordinati dal colonnello Paolo Piccinelli, dal maggiore Antonio Coppola e dal capitano Salvatore Di Gesare, ci sono tutti i presupposti per chiedere lo scioglimento per mafia dell’amministrazione guidata dal sindaco Pietro D’Aì. Ci sarebbe, infatti, la regia di Cosa nostra persino dietro l’elezione di Giuseppe Cimò alla presidenza del Consiglio comunale e del suo vice Giampiero Marchese.

Lo Gerfo e Ganci, scrivono nella misura cautelare il procuratore aggiunto Ignazio de Francisci e i sostituti Lia Sava, Antonino Di Matteo, Marzia Sabella e Calogero Ferrara avrebbero condizionato la vita amministrativa. A cominciare dalla scelta di chi doveva guidare l’assemblea consiliare: “Noi altri ci recuperiamo quattro voti dall’altra parte… lo vedi che possiamo… li chiamiamo e si mettono tutti a disposizione”. I due temevano di essere intercettati: “Evitiamo un po’ di telefonate, attenzione perché se no lo sciolgono il consiglio comunale e non mi interessa niente… perché non sia mai Dio commissionano il Comune il danno è assai capisci?”. Lo Gerfo, inoltre anche messo le mani sullo smaltimento dei rifiuti attraverso l’impresa formalmente intestata a Falletta. Il controllo della ditta avrebbe consentito al capomafia di distribuire posti di lavoro al Coinres, il consorzio per la raccolta della spazzatura.

E poi, c’è il capitolo pizzo. E’ stata ricostruita l’estorsione, ordinata da Lo Gerfo ed eseguita da Messicati Vitale, ai danni del titolare della sala ricevimenti “Villa Fabiana”. Il video dei carabinieri lo immortale mentre paga tre rate da cinquecento euro ciascuna.


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