Cosa nostra, i Brunetto alla sbarra |Condannati tutti gli imputati - Live Sicilia

Cosa nostra, i Brunetto alla sbarra |Condannati tutti gli imputati

Tra le accuse associazione mafiosa, rapina e traffico di droga.

La sentenza
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CATANIA. Il pubblico ministero ne aveva chiesti 45, sono invece complessivamente quasi 29 gli anni inflitti dal gup di Catania Daniela Monaco Crea ai cinque imputati del processo con rito abbreviato scaturito dall’inchiesta antimafia denominata Kallipolis. Se la sono cavata con una condanna a 3 anni e 10 mesi ed a 3 anni e 4 mesi per associazione mafiosa, rispettivamente, Salvatore Brunetto e Alfio Patanè, entrambi dal cognome pesante. Il primo è il fratello del defunto boss Paolo Brunetto, il secondo è il figlio di Sebastiano Patané, anch’egli defunto e a lungo ai vertici del clan. Pene molto meno severe rispetto alle richieste dell’accusa, pari a 10 anni ed 8 mesi ed a 8 anni. La condanna più dura è per Alessandro Siligato, ritenuto il braccio destro di Salvatore Brunetto. Sono 8 gli anni inflitti per i reati di associazione mafiosa e rapina. Stesse accuse per Paolo Patané, condannato a 7 anni. Infine 6 anni e 8 mesi la pena inflitta a Pietro Galasso, condannato per detenzione ai fini dello spaccio di stupefacenti.

LE REAZIONI. “Mi aspettavo il riconoscimento dell’innocenza del mio assistito – commenta Ernesto Pino, difensore di fiducia di Salvatore Brunetto – o, al massimo, che la sua responsabilità, se riconosciuta, venisse punita con un minimo aumento della pena inflitta con la sentenza Gotha in ossequio al principio della “permanenza” del reato associativo. Attendo la motivazione per capire il pensiero del giudicante e, naturalmente, proporrò appello”. Sulla stessa linea il codifensore di Brunetto, Michele Pansera. “La pena comminata seppur mite appare ingiusta – dichiara l’avvocato Pansera – La posizione del mio assistito meritava l’assoluzione. Residuano perplessità sul mancato riconoscimento dell’istituto giuridico della permanenza, essendo il reato contestato quello associativo ed all’aumento di pena operato per la recidiva. Si dovranno attendere 90 giorni per il deposito della motivazione per comprendere – conclude legale – quali saranno le argomentazioni offerte dal gup e decidere le successive strategie difensive”. E non c’è soddisfazione nemmeno nelle parole di Lucia Spicuzza, difensore di Alfio Patané. “Fermo restando che credo nell’assoluta innocenza del mio assistito – commenta l’avvocato – considerato che nessun apporto, né materiale né psicologico, poteva fornire all’associazione in questione, anche perché detenuto, sarà interessante leggere le motivazioni della condanna, che per quanto contenuta dovrà essere necessariamente impugnata”. “Aspetterò le motivazioni della sentenza – commenta Cristoforo Alessi, avvocato di Paolo Patanè – per preparare l’appello e dimostrare l’innocenza del mio assistito, figura estranea ad ogni accusa”

L’INCHIESTA. Traffico di droga e rapine. Sono queste le principali attività illecite documentate dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Catania nel corso dell’inchiesta Kallipolis che ha colpito ancora una volta il clan Brunetto. A guidare il sodalizio, secondo l’accusa, c’è Carmelo Pietro Olivieri, detto Carmeluccio, successore naturale alla guida della cosca dopo il decesso del boss Paolo Brunetto. Il gruppo, operante tra Giarre e Giardini Naxos, avrebbe imposto ai locali del comprensorio ionico i propri uomini come buttafuori, esercitando così il controllo capillare del territorio. Le immagini riprese nel cortile del quartier generale del clan, la stalla di Vico Costanzo a Giarre, di proprietà di Carmeluccio, testimoniano anche la piena disponibilità di armi da fuoco del presunto sodalizio. Il 19 aprile si aprirà anche il dibattimento del processo con rito ordinario per i coimputati. Alla sbarra Carmelo Pietro Olivieri, Giuseppe Calandrino, Alfio Di Grazia, Valerio Di Stefano, Vito Fazio, Alfio Fresta, Leonardo Fresta, Luciano Liuzzo, Paolo Marino, Francesco Pace e Luca Daniele Zappalà.

 


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