Cultura e Spettacolo

“A 30 anni dalle stragi”, a Palermo l’evento con Ranucci, Scarpinato e Pif

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14 Luglio 2022, 20:34

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“A trent’anni dalle stragi, dopo trent’anni di silenzi e depistaggi è obbligatorio interrogarsi sul perché di queste occulte compromissioni tra Stato e antistato, tra mafia e servizi”, così Manlio Mele l’iniziativa “A 30 anni dalle stragi. Questione criminale è questione democratica. L’altra storia”. Convegno organizzato dal Dipartimento Cultura del Partito democratico, di cui Mele è responsabile, martedì 19 luglio alle ore 20.30 presso l’Atrio della Biblioteca comunale di Palermo a Casa Professa.

All’evento che sarà moderato dallo stesso Mele interverranno Andrea Purgatori, Roberto Scarpinato, Pif, Sigfrido Ranucci, Paolo Guido, Paolo Flores D’arcais, Caterina Chinnici, Anthony Barbagallo e Stefania Limiti.

“Riavvolgendo il nastro- spiega Manlio Mele – della storia ci ritroviamo al 25 giugno del ’92. Il giorno in cui Micromega organizzò a Palermo, nell’atrio della Biblioteca Comunale di Casa Professa, uno storico dibattito con Paolo Borsellino. In molti eravamo presenti a quello che si ritenne  essere il suo testamento, lasciato nelle mani di tutti noi, prima della strage. Quella sera Paolo Borsellino manifestò apertamente la piena consapevolezza di quanto ormai compreso: il “gioco grande” di connivenze e strategie, dopo la strage di Capaci, si apprestava a travolgerlo con una potenza inarrestabile. Il 19 luglio quel gioco grande si affermò definitivamente”.

Il responsabile del dipartimento cultura del Partito democratico, poi, continua: A trent’anni dalle stragi sono stati processati e condannati mafiosi, ma non siamo riusciti ad identificare i potenti complici occulti. Non sappiamo, come ricorda il Procuratore Scarpinato, chi chiese a Salvatore Riina di anticipare l’esecuzione della strage di Via D’Amelio facendo prevalere interessi superiori che scavalcano addirittura quelli di Cosa Nostra, interessi che  Riina, proprio per la loro secretezza, si rifiutò di rivelare. Non conosciamo l’identità degli uomini delle istituzioni che dopo pochissimi minuti dalla strage si presentarono tra i feriti ed i frantumi per prelevare dalla macchina ancora in fiamme del Procuratore, con straordinario tempismo, l’agenda rossa che Paolo Borsellino custodiva con importanti segreti”.

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E ancora: “Il “gioco grande”, come lo definì Giovanni Falcone, ha determinato il grande gioco di potere, condizionando l’evoluzione del processo politico mediante l’utilizzo della violenza per “spariglire le carte e, come sottolinea Micromega, riprendere il controllo del potere. In Italia dunque la questione criminale – chiosa Manlio Mele – è inestricabilmente intrecciata con la storia nazionale. Quella storia che, sia della prima sia della seconda Repubblica, è stata segnata dalla precisa volontà dell’utilizzazione dello stragismo come strumento occulto di lotta di potere, di un  potere occulto e connivente. Le grandi stragi italiane vedranno interagire  gli alti livelli della mafia con precisi settori deviati delle istituzioni, determinando una scientifica strategia della tensione, con la precisa volontà di impedire l’avanzamento di un sistema  democratico; da Piazza Fontana nel ’69 all’Italicus nel’ 74,  dalla Loggia di Brescia nel ’74  a Bologna nel 80, giungendo fino alle stragi del’92.

“Lo stragismo – prosegue Mele – ha finito per condizionare l’evoluzione dei nuovi equilibri politici impedendo, in modo esplicito, il passaggio da vecchio al nuovo sistema politico che in Italia stava prendendo corpo con l’alleanza tra sinistra DC e gli eredi del PCI. Una perversa volontà che si è consumata con modalità criminose con settori non ufficiali dei servizi segreti, segmenti della desta eversiva e menti criminali mafiose. Gli omicidi Moro e Mattarella ed le successive stragi  vanno certamente inseriti in tale contesto. La precisa volontà di ostacolare l’avanzata al potere  della sinistra democratica  diverrà l’elemento unificante delle componenti più violente e reazionarie della società italiana. Purtroppo ad oggi il diritto alla verità sulle stragi del ’92 non è stato appagato, continuando ancora oggi ad essere convinti che Stato e Mafia sono le facce di un’unica medaglia. Il rischio – continua – è che i cosiddetti ‘irriducibili’, cioè i boss mafiosi che sono ancor oggi detentori di importantissime informazioni, attraverso le quali si potrebbe far luce sulle stragi del ’92, finiscano per uscire dalle carceri anche senza alcuna collaborazione con la giustizia”.

Manlio Mele ricorda come “dopo le stragi del ’92 vi fu una grande stagione di speranze e rivolta sociale anche con la partecipazione della Chiesa siciliana.  Rimane il dubbio se quelle fu una stagione effimera, come sostiene l’amico Saverio Lodato. Purtroppo oggi abbiamo la sensazione, e non solo quella, che i “cento passi” tra mafia ed antimafia, tra la casa di Peppino Impastato e quella di Tano Badalamenti, si riducano sempre più. Purtroppo i depistaggi continuano ancora oggi. Ritengo dunque doveroso – è l’affermazione del dem – che i partiti, con in testa il Partito Democratico, si facciano interpreti ed attori centrali nel cercare di ricomporre un puzzle oggi sfrangiato ed opaco. E’ per tale convinzione che il Dipartimento Cultura del Partito Democratico – dice colui che ne è responsabile” – facendosi interprete di tale volontà, ha organizzato per il 19 luglio, in un luogo fortemente simbolico quale l’atrio della già citata Biblioteca comunale di Palermo, un ampio momento di confronto tra noti protagonisti della vita pubblica italiana nella lotta per la ricerca della verità e della giustizia”.

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14 Luglio 2022, 20:34

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