19 Aprile 2011, 16:36
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“Seicento o settecentomila euro a Raffaele Lombardo per la campagna elettorale”. Sarebbe il contributo di Cosa Nostra alle elezioni del presidente della Regione secondo le parole del boss Enzo Aiello, riferite ai magistrati dal geologo Giovanni Barbagallo. Le sue dichiarazioni contenute agli atti dell’inchiesta Iblis, che LiveSicilia è in grado di rivelarvi, si rifanno a una delle frasi di Aiello intercettate dalle microspie: “Ci resi i soddi nostri, quelli del Pigno”, diceva il capomafia santapaoliano riferendosi, secondo i magistrati, a Lombardo.
La fonte dei soldi, attraverso una “messa a posto”, secondo Aiello intercettato dai Ros, sarebbe “il centro commerciale del Pigno”. Barbagallo lo ribadisce ai pm: “Ricordo che Enzo Aiello fece riferimento a delle somme di denaro che ‘loro’, ossia l’associazione mafiosa, avanzavano (di cui erano creditori, ndr) per i lavori del Pigno, che ritengo essere il centro commerciale della zona Pigno ora denominato Porte di Catania”. Un affare del valore di decine di milioni di euro, di cui erano soci in un primo momento il fratello del senatore Carlo Vizzini e il figlio di Giovanni Mercadante. Insieme a loro l’editore Mario Ciancio. Che, però, Barbagallo dice apertamente di non conoscere: “Non conosco l’imprenditore ed editore Ciancio Sanfilippo Mario”, ha detto il geologo ai pm.
Sullo sfondo la vendita dei terreni di proprietà di Ciancio, e prima ancora una variante che li trasformava da agricoli ad edificabili, partorita dal consiglio comunale di Catania a poche settimane dalla campagna elettorale per le comunali del 2005. Un’operazione andata in porto quando presidente del consiglio comunale era un esponente del Movimento per l’Autonomia, l’attuale deputato nazionale Roberto Commercio (che non è indagato).
“Enzo Aiello – ha detto Barbagallo ai pm – disse che tale somma era pari a 600 o 700 mila euro e che la stessa fu data a Raffaele Lombardo per la campagna elettorale. Io non chiesi e Aiello non chiarì chi portò quella somma di denaro a Raffaele Lombardo e neanche chi era l’imprenditore che doveva quella somma a loro”. Tutte le ipotesi restano aperte quindi, e non è possibile giungere a conclusioni affrettate. La Procura sta indagando da tempo sugli spostamenti di denaro anche “estero su estero”, oltre che sulle campagne pubblicitarie, comprese le fatturazioni di Iva, la gestione della cartellonistica e gli attacchini.
Resta un interrogativo da prendere con le pinze: sotto quale forma sarebbero stati dati questi fondi a Lombardo? Ma soprattutto resta aperta la domanda che pone lo stesso Barbagallo: chi era l’imprenditore che doveva quella somma a “loro”, cioè a Cosa Nostra?. Secondo queste ultime dichiarazioni, sarebbe esistita una triangolazione tra mafia, imprenditoria e politica.
Dopo, però, qualcosa è cambiato. Giovanni Barbagallo, arrestato con l’accusa di associazione mafiosa, dopo avere spiegato ai pm “rapporti di lavoro” e “battute di caccia” con boss del calibro di Pippo Ercolano, Nitto Santapaola ed Eugenio Galea e dopo avere raccontato delle campagne elettorali tra fichi d’India, picciotti ed autonomisti, racconta il cambio di marcia del governatore: “Lombardo – ha detto il geologo – una volta alla Regione ha scelto la strada della legalità”. Tanto che i Ros, intercettando Aiello, gli sentono dire una frase emblematica: “Ma Raffaele c’è? Ma che spacchio gli ha messo a due della Dda nella giunta regionale?”. Quello che è avvenuto prima del 2008-2009, però, lo stanno valutando i magistrati
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19 Aprile 2011, 16:36