03 Gennaio 2019, 15:37
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PALERMO– Ieri sera, Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, sarà andato a letto soddisfatto. Non soltanto per il colpo da maestro – si parla di strategia, a prescindere dai contenuti declinabili nella variabilità dei giudizi – che l’ha riportato al proscenio della politica nazionale, con relativa eco mediatica.
Ma perché, con quel ‘non obbedisco’, metaforicamente gridato in faccia a Matteo Salvini, ‘Luca’ è tornato alla testa del suo popolo, di coloro che gli riconoscono da sempre le qualità di un leader, coltivando, tuttavia, con lui uno stranissimo rapporto di vicinanze e distacchi, di amore e di odio, di tenerezze e di gelosie.
E soffriva quella comunità – sì, il popolo di Luca – nel vedere il capo, un tempo invincibile, dibattersi nelle spire del cassonetto, del ‘ciaffico’ e delle piccole cose di pessimo gusto che un’amministrazione comporta, come se fosse un primo cittadino qualunque E anche Leoluca-Luca un po’ intristiva nell’assenza della grande tematica da cavalcare, come fu per l’antimafia, essendo egli un superbo costruttore di mitologie.
Ma bastava spiarlo nelle dirette web, in tv o su facebook, il Professore, per riscoprirlo pugnace, ruggente, in una parola ringiovanito, nuovamente in sella, al comando delle sue truppe.
Chi sono quelli del popolo di Luca, talvolta loro malgrado? Alcuni militano e tifano come per una squadra di calcio. Altri simpatizzano. Altri ancora circumnavigano, senza nemmeno saperlo e senza curarsene, perché guardano soprattutto a un sentimento ricco e complesso dell’umanità che l’intervento del sindaco di Palermo, in un modo o nell’altro, ha richiamato in servizio.
C’è, per esempio, Giusto Catania, già assessore, capogruppo di Sinistra Comune, un po’ fedelissimo, un po’ concorrente, che col suo commento piazza l’affondo, tramite comunicato stampa: “Il sindaco Orlando parla a nome di tutti i cittadini palermitani quando contesta e sospende il decreto ‘sicurezza’. Un provvedimento che mette a repentaglio i diritti fondamentali della persona e la sicurezza di tutte e tutti”.
E aggiunge: “Riteniamo importante che si continui in questa battaglia di civiltà che il sindaco Orlando sta conducendo a nome della città di Palermo; per questa ragione aderiamo con convinzione alla mobilitazione spontanea di palermitani che domani esprimerà sostegno e condivisione davanti palazzo delle Aquile”.
Agnese Ciulla, già assessora, dice dal canto suo: “Del decreto Salvini misureremo gli impatti funesti fra qualche anno. La scelta del sindaco di chiedere la sospensione dell’applicazione del decreto sicurezza, nello specifico ambito del riconoscimento del diritto alla residenza anagrafica, non è casuale. Il diritto di residenza è l’avamposto per poter essere persone facenti parte di una comunità. Residenza è appartenenza. La scelta è politica e condivisibile. Nel suo atto c’è un guardare oltre l’attuale quotidianità, difficile e a volte ingestibile dei problemi cittadini, verso gli impatti, devastanti, che questo decreto porterà alle città soprattutto le più grandi, come la nostra”.
Ecco Ninni Terminelli, una vita di impegno nel multiforme caos della sinistra, che si esprime nel gruppo Facebook sorto per Orlando e De Magistris. Una chiosa istantanea: “Anche le leggi razziali erano norme in vigore. Come sarebbe stato bello che qualcuno si fosse rifiutato di applicarle”. Ancora più sintetico lo scrittore Davide Enia, sempre nel diario social: “La legge, questa ancella del potere e mai della Giustizia…”.
E ci sono quelli che magari passavano di lì e gli è piaciuto il discorso del re, pardon, del sindaco. Ironica è la riflessione di Fabrizio Escheri, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Palermi, ovviamente su Fb. Si legge nel suo ‘a tu per tu’ con Salvini: “Caro Matteo, Ti ringrazio per l’abbraccio che mi hai mandato come cittadino palermitano. Ti ringrazio e ricambio, perché la mia cultura mi porta ad abbracciare lo straniero, il diverso da me (…) Ti chiedo, però, di abbracciare anche i miei concittadini venuti da un Sud che è più Sud del mio (…) Ed abbracciare anche tutti i palermitani emigrati, per lavoro o per studio, come tanti nostri figli. Abbracciamoci tutti, non c’è niente di più bello dell’abbraccio tra persone”.
E poi ci sono altri che, da anni, sanno quanto sia difficile la speranza in certi luoghi oscuri, ma non per questo rinunciano alla loro opera quotidiana di generosità e accoglienza.
Dice Anna Ponente, direttrice del centro diaconale ‘La Noce’ dell’Istituto valdese: “Il centro diaconale ha accolto molto positivamente la decisione del sindaco di Palermo che ha posto così particolare attenzione al rispetto per la vita delle persone. I giovani accolti nelle nostre comunità vivono una condizione di impotenza e di angoscia poiché il loro presente e il loro futuro dipendono da documenti impossibili da ottenere. Questo gesto da speranza ai ragazzi, forza agli operatori che continueranno a lottare accanto a loro per il riconoscimento dei diritti e contro ogni forma di persecuzione”.
Dice Renzo Messina, della comunità di Sant’Egidio: “Non ho competenze per esprimere una valutazione in termini di diritto sull’iniziativa del sindaco Orlando, ma con semplicità provo a chiedermi perché rendere più complesso l’accesso a diritti e tutele a chi già vive la complessità di una vita precaria in un paese straniero alla ricerca di una soluzione per la propria esistenza?”.
Ed è a questo punto che a qualcuno viene pure il dubbio. Forse, nella presente circostanza, la leadership, le elezioni e il calcolo politico e le tifoserie e sugli spalti contano pochissimo. Forse a Palermo – a prescindere dai modi e polemiche declinabili nella variabilità dei giudizi – è stata pronunciata, solamente, semplicemente, una scandalosa parola di umanità.
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03 Gennaio 2019, 15:37