“A settembre piano per la Fiera | Sull’acquario derby con Catania”

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26 Luglio 2014, 14:00

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PALERMO – “Sull’acquario aspettiamo indicazioni dal Comune, mentre per la Fiera potremmo presentare un progetto di finanza già a settembre”. Parola di Alessandro Albanese, presidente di Confindustria Palermo, che fa il punto sulla situazione della città.

Presidente, partiamo dalla Fiera del Mediterraneo. Le quattro offerte, tra cui anche quella a cui partecipate voi, non sarebbero idonee. Che succederà adesso?
“In realtà il bando non era per il progetto di finanza, forse questo non è stato capito bene dall’opinione pubblica. Era una manifestazione di interesse. Il raggruppamento che fa capo a Confindustria, alla Lega delle cooperative e a imprenditori privati aveva presentato un ottimo progetto sotto il profilo tecnico e anche economico. Forse c’è stata una carenza documentale, ma adesso proporremo direttamente il progetto di finanza. Come raggruppamento di imprese non ci fermiamo certo qui. Ci vuole senza dubbio una intesa di massima con gli uffici e i vertici comunali per capire cosa fare di questi spazi, se restituirli alla fruizione della città o lasciarli nel degrado. Da imprenditori e cittadini ci interessa che questo spazio crei economia e occasioni per le imprese, per questo abbiamo visto con grande interesse il provvedimento della giunta sulla riapertura del padiglione 20. Si ricomincia a far vivere il padiglione centrale per le imprese e la convegnistica. E’ un buon inizio, ma entro l’autunno ci riproponiamo, previo confronto con l’amministrazione, di presentare un progetto di finanza che comunque presuppone per legge una gara”.

Passiamo all’acquario…
“Sull’acquario sappiamo indirettamente che una commissione del consiglio comunale si è occupata della localizzazione. Abbiamo detto più volte che siamo pronti dal punto di vista progettuale, abbiamo contatti settimanali con il nostro progettista che è uno dei migliori al mondo e siamo pronti a vagliare una localizzazione diversa. Ma chiediamo che si faccia prestissimo, perché vanno fatto studi approfonditi da un punto di vista morfologico, trasportistico ma anche economico, perché l’acquario deve funzionare. Aspettiamo però che ci notifichino la decisione per lavorare, non vogliamo spendere soldi invano. L’appello è a fare presto, sappiamo che a Catania hanno cominciato a ragionare su un’area che potrebbe ospitare un acquario. E come è noto, non c’è spazio in Sicilia per due acquari”.

Il Comune sostiene di aspettare una vostra decisione…
“Non ci ha mai scritto nessuno. Riconosciamo al vicesindaco Emilio Arcuri un pragmatismo che ci fa piacere, ma qualcuno deve scrivercelo. Ho scritto al sindaco chiedendo che ci venga indicata l’area, ma senza polemiche, con la voglia del fare che deve contraddistinguere noi e l’amministrazione comunale”.

La Sicilia, e in particolare Palermo, vivono un momento economico di grande difficoltà. Qual è la ricetta per uscirne fuori?
“Una battuta di arresto c’è anche in Germania e questo la dice lunga sulla crisi che viviamo. In Sicilia c’è un’economica basata prevalentemente sul pubblico, quindi dobbiamo pensare che più impresa nell’economia e meno pubblico possano far ripartire l’economica stessa. Il che darebbe anche più fiscalità. Ma non si può continuare a pensare che ci vogliano anni per avere concessioni o licenze, così non siamo attrattivi verso gli investitori internazionali. Se dobbiamo pensare oggi di attrarre investimenti in Sicilia, anche in virtù del fatto che le altre nazioni forti cominciano ad avere dei cali, l’unico modo è dare certezza dei tempi e del diritto e così ci venderemo meglio, riuscendo magari ad attrarre anche più turisti. Mi trovo d’accordo con il sindaco Orlando quando dice che dobbiamo ripensare a come noi cittadini trattiamo Palermo, a volte mi viene da pensare che Palermo non cela meritiamo, specie quando vediamo le periferie maltrattate o i musei chiusi perché non riusciamo a utilizzare Pip e Lsu. Sono ricette che non stanno più in piedi: serve una riforma, serve pensare che tante parti dell’economia gestite dal pubblico devono passare al privato e pensare che a Palermo si può cominciare a investire. Ma serve un esame di coscienza, ci sono gangli dell’amministrazione burocratica che non prendono decisioni in tempo utile”.

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Il consiglio comunale ha approvato il nuovo contratto di servizio della Rap, che costerà molto più di quello con Amia. Cosa ne pensa?
“Quando parlo di amministrazione pubblica che deve uscire dall’economia, penso anche a questo. Rap si occupa della scarificazione delle strade, Amap delle caditoie: in quale città queste attività servono solo a far lavorare le persone? Dividiamo la città per zone, diamole ai privati e imponiamo di assumere un tot di dipendenti pubblici. Avremmo servizi migliori a costi inferiori. Un’impresa assume in base al lavoro che ha, qui invece facciamo il contrario e impieghiamo anche male il personale. La città è sporca, non voglio addebitarlo agli attuali vertici della Rap ma è il metodo che non va bene. Ripensiamo il modello di sviluppo della città: realizziamo 30 micro-aree con 30 gare di manutenzione e imponiamo i dipendenti nei bandi di gara. Vince chi offre il prezzo migliore e assume più persone. Se c’è un problema, il Comune può risolvere il contratto dell’azienda in danno e controllare meglio quello che si fa. Oggi invece, per mantenere lo stipendio, dobbiamo inventare il lavoro. Liberiamo queste sacche di economia e mettiamole a reddito. Ripensiamo col Comune il modello di sviluppo per Palermo, partendo da quelle attività che deve svolgere il pubblico e da quelle che si possono dare ai privati. Non dobbiamo chiamare esperti internazionali, ma dobbiamo partire dal concetto che nessun dipendente pubblico è intoccabile. Se l’economia va bene, vanno bene tutti, se no dobbiamo chiedere la pietà al governo nazionale per pagare la Cig alla Gesip quando sappiamo che per il pubblico è vietata. Queste sono società pubbliche quando si parla di stipendi e private quando devono ricevere la Cig. Le amministrazioni queste cose le ereditano, è colpa di tutti e di nessuno. E allora pensiamo pure che non sia colpa di nessuno, ma sediamoci e parliamone”.

E i creditori della vecchia Amia?
“Noi abbiamo fatto una class action contro la vecchia Amia, non si può sfuggire alla responsabilità e far pagare il prezzo alle imprese private. Andremo fino in fondo nei tribunali. I debiti non pagati alle imprese sono uno dei problemi più gravi, toccano tutti, l’impresa a volte non fa fronte ai debiti per i crediti anche se questo è un problema nazionale. Si muore più di crediti che di debiti, questo è il paradosso da risolvere. Un po’ come la certificazione del debito certo: facciamo leggi e non le applichiamo, se poi devo aspettare 5 mesi al Comune”.

Parliamo di infrastrutture. Confindustria è sempre stata molto sensibile su questo tema…
“Sulle infrastrutture noto un forte risveglio, specie con il tram. Ma anche la Fiera e l’acquario sono infrastrutture, basti pensare che solo l’acquario attirerà un milione e mezzo di turisti l’anno. Dobbiamo però aprire una riflessione sulle infrastrutture trasportistiche e per questo rilanciamo una vecchia idea. La città oggi viene tagliata in due dal fiume di auto della circonvallazione; non abbiamo un fiume naturale che attraversa Palermo, ma un fiume di auto. L’aeroporto di Palermo perde passeggeri perché molti preferiscono andare a Catania, per evitare proprio viale Regione siciliana. Allora perché non riprendere l’idea della sopraelevata, che ogni tanto rispunta? Magari anche con i pedaggi, con dei ponti. Pensiamo a una grande infrastruttura che potrebbe essere in trincea o in sopraelevazione e che decongestioni la circonvallazione, capace anche di risvegliare economicamente la città. Perché è come se oggi ci fosse una delimitazione razziale verso la parte nord della città, se devo attraversarla tutta ci penso due volte. Io ho dipendenti che abitano al Cep o a Borgo Nuovo che usano l’espressione ‘scendere a Palermo’, come se vivessero in un’altra città. Certo, a Palermo è difficile scavare, però va trovata una soluzione, va messa nel conto e lo deve fare questa amministrazione. E’ un problema enorme non solo economicamente, ma anche socialmente: la gente passa un’ora al giorno ferma nel traffico ed è un’ora di vita buttata”.

In questo momento si sta discutendo anche della riforma delle Camera di commercio. Che posizione avete come Confindustria Palermo?
“Confindustria ha presentato a livello nazionale un progetto di riforma che penso sia il migliore possibile, anche perché la riforma che si propone a livello nazionale è stata già adottata in Sicilia al 90%. A Palermo c’è già stata la riduzione della giunta camerale, che conta quattro componenti oltre al presidente, c’è stata la riduzione dei compensi e l’accorpamento delle attività. La cosa più importante è capire se accorpare le Camere di commercio in base alla popolazione, si parla di una Camera ogni 500mila abitanti e questo potrebbero significare averne tre o quattro in Sicilia. Palermo sarebbe comunque salvaguardata. Altra cosa sono i diritti camerali: non si può pensare che le Camere abbiano diritti ridotti del 50%, senza poter così fornire servizi alle imprese. Saranno costrette ad aumentare i costi dei certificati camerali, si rischia di far finta di ridurre una tassa aumentandone altre quattro. C’è un emendamento del senatore Vicari che va in questa direzione, che prevede cioè un processo graduale che non sfasci le Camere, e che mi sembra positivo. Sono d’accordo inoltre sullo spostamento al Mise di Infocamere. Altro aspetto sono le dismissioni, ma la Camera di Commercio di Palermo ha già approvato col sostegno forte di Confindustria la privatizzazione di Gesap. Va fatta però una riflessione importante: non vorrei che si faccia come in Inghilterra, dove hanno cancellato il Pra e si perdono automobili ogni anno”.

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26 Luglio 2014, 14:00

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