Acciaierie di Sicilia |sull’orlo del baratro

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08 Settembre 2014, 12:47

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CATANIA. Un intero settore, quello siderurgico, potrebbe essere cancellato. Non un semplice allarme, ma una rischio concreto dato dal fatto che l’azienda Acciaierie di Sicilia, che rappresenta il pilastro del comparto a Catania, è in profonda crisi. E non a caso è intervenuta anche Confindustria, garantendo pieno supporto all’impresa. L’organico è composto da quasi 300 lavoratori, di questi già 45 sono in cassaintegrazione. E il numero potrebbe aumentare. Intanto dal primo di settembre il monte orario è stato tagliato del 40%. Non serve certo la calcolatrice per capire le conseguenze per il bilancio di oltre 200 famiglie.

Protesta davanti a Piazza Duomo

Oggi i lavoratori, supportati dai sindacati di Cgil, Cisl e Uil, e le relative sigle di categoria Fim-Fiom-Uilm, sono scesi in piazza. Il corteo, con tanto di striscioni e tamburi, si è spostato da piazza Università alla Prefettura di Catania, per poi in tarda mattinata presidiare piazza Duomo, accanto al Liotru, chiedendo l’intervento dell’amministrazione comunale guidata da Bianco.

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Il corteo di protesta

Dietro alla crisi dell’azienda costi fissi divenuti insostenibili, energia elettrica in primis.”La situazione è diventata drammatica a partire da questo mese – spiega Pietro Nicastro, della Fim – perchè con il problema dell’energia elettrica e del dimezzamento dell’approviggionamento dei rottami, l’azienda ha dovuto necessariamente ridurre l’orario di lavoro necessariamente del 40%. Chiediamo che venga fatta al più presto una riunione con gli assessorati regionali competenti affinchè si capisca quale sia la regolamentazione dei rottami nell’isola, e poi non si comprende come mai la Sicilia, area produttrice di energia elettrica, ha un costo superiore del 30 per cento rispetto alle altre Regioni d’Italia. Questo non è più ammissibile in un contesto siciliano dove il lavoro manca e a breve potrebbe anche sparire l’acciaieria se la situazione si mantiene in questo modo. L’intervento regionale deve essere celere, perchè non credo riusciranno a superare il mese di settembre. E’ chiaro – conclude – che se la politica non si muove, il rischio è che l’azienda se ne vada da qui e produca altrove”.

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08 Settembre 2014, 12:47

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