Inchiesta sulla morte di Baldi |Il padre: “Piena fiducia in Salvi”

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01 Agosto 2014, 16:49

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ACIREALE – Il sospetto è di quelli terribili. Devastanti. Ovvero, che la morte del consigliere comunale di Acireale, Camillo Baldi – rinvenuto privo di vita con un cappio al collo l’11 aprile scorso tra i boschi di Trecastagni -, possa essere stata “indotta” da persone che egli stesso frequentava e conosceva bene. Quella che all’inizio appariva come una semplice ipotesi ora è diventata una pista al vaglio degli inquirenti. Lo dimostra anche il fatto che il fascicolo indagine dei magistrati della Procura della Repubblica di Catania, sulla morte del 30enne consigliere acese, resta aperto e nel corso delle settimane al Palazzo di Piazza Verga si siano svolti diversi interrogatori.

Una possibile istigazione al suicidio riconducibile, forse, alla tornata elettorale per le amministrative che si sarebbe disputata da lì a poche settimane. La famiglia di Camillo Baldo resta chiusa in un comprensibile riserbo ed in un dolore difficile, se non impossibile, da poter soltanto provare a lenire. “Siamo persone riservate – spiega Demetrio Baldo, il padre di Camillo – e tutto quello che possiamo dire è che abbiamo fiducia al cento per cento nel Procuratore Giovanni Salvi. Se dovesse essere accertato che vi è qualche colpevole riconducibile alla morte di mio figlio, sono certo che il Procuratore Salvi saprà accertarlo. Non ho dubbi su questo. Come mi pongo nei riguardi delle indagini? Guardi, il fatto che non mi abbiano restituito nemmeno il telefonino di mio figlio significa, allora, che la Procura sta indagando a fondo”.

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L’apertura del fascicolo (notizia diffusa dall’emittente Rei Tv) è confermata dal procuratore di Catania, Giovanni Salvi che parla del duplice ruolo dell’avvio dell’indagine. In primo luogo “la verifica di ogni aspetto per stabilire con certezza che si tratti di suicidio”. E su questo fronte non sono emersi elementi che discostano da questa ipotesi. Dall’altra parte la morte di Camillo Baldi ha suscitato non poche polemiche che andavano affrontate anche dal punto di vista investigativo. “Abbiamo acquisito molta documentazione – afferma Salvi – e abbiamo interrogato diverse persone”. L’iscrizione al registro degli indagati è “un atto dovuto” per poter svolgere gli accertamenti, come gli interrogatori, “nell’interesse soprattutto delle parti così come dispone la legge”.

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01 Agosto 2014, 16:49

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