13 Maggio 2024, 14:12
2 min di lettura
ADRANO (CATANIA) – I carabinieri hanno eseguito una confisca di beni dal valore di 3 milioni di euro riconducibili a Carmelo Militello detto “a pizza”, pregiudicato adranita 51enne, ritenuto componente del gruppo dei Tomasello-Mazzaglia-Toscano, una cellula del clan Santapaola-Ercolano.
I militari del nucleo investigativo di Catania hanno eseguito un decreto di sequestro finalizzato all’eventuale confisca. Per i militari ci sarebbe una sperequazione tra il tenore di vita della famiglia e i redditi dichiarati, giustificabile solo attraverso il riciclaggio di proventi illeciti.
Le imprese sequestrate sono intestate ai due figli di Militello: la M.M. Logistic con sede ad Adrano e la M.N. Trasporti Srl con sede a Biancavilla. Per gli inquirenti, Carmelo Militello ne disponeva personalmente.
Queste società per anni sarebbero state sotto il controllo delle organizzazioni mafiose, sempre secondo gli investigatori. Non avrebbero lasciato spazio alla concorrenza proprio in virtù di un patto siglato tra i vertici criminali dei due Comuni etnei.
I militari del Nucleo Investigativo – Sezione Misure di Prevenzione e Criminalità Economica, hanno esaminato la situazione finanziaria derivante dalle attività commerciali riconducibili all’indagato e intestate a membri del suo nucleo familiare. Lo hanno fatto in un arco temporale ricompreso tra il 2016 ed il 2022, accertando la presunta “illecita formazione del patrimonio finanziario”.
Secondo i pentiti, Militello sarebbe stato scelto e imposto sia dai vertici dell’associazione mafiosa operante sul territorio Biancavilla, ovvero prima dai fratelli Vito e Pippo Amoroso, con il beneplacito di Alfio Monforte, poi da Giuseppe Mancari detto “u pipi”, sia dal clan Santangelo- Scalisi attivo ad Adrano.
Avrebbe avuto il ruolo di prestanome e a lui sarebbe stata affidata la gestione della cosiddetta “agenzia” di Biancavilla, deputata al carico delle merci, soprattutto prodotti agroalimentari, i cui introiti sarebbero andati per la maggior parte al clan.
In sostanza, l’agenzia avrebbe avuto un ruolo di intermediazione tra i titolari dei magazzini che raccolgono i prodotti lavorati nei campi e gli autotrasportatori, pretendendo da entrambi delle somme di denaro in percentuale al peso della merce da trasportare.
Tale condotta sembrerebbe integrare un’estorsione in piena regola, per gli investigatori, obbligatoria per poter lavorare su quel territorio, notoriamente ricco di aziende agrumicole, che alterava il mercato senza possibilità di scelta di servizi alternativi, e che veniva alimentata dalla forza intimidatrice delle famiglie mafiose.
Oltre alle società, il decreto di sequestro ha colpito anche l’abitazione familiare, una villa situata a Santa Maria di Licodia di circa 170 mq su 3.500 mq di terreno, con piscina delle dimensioni di oltre 16 metri lineari. Il tutto farebbe parte del patrimonio societario della ditta.
Per gli investigatori, infatti, anche questo immobile sarebbe stato costruito adoperando capitali illeciti. Il sequestro, che come già detto ha riguardato, complessivamente, un patrimonio del valore di oltre 3 milioni di euro, ha permesso così di sottrarre dal circuito economico, patrimoni illegalmente acquisiti.
Pubblicato il
13 Maggio 2024, 14:12