Mafia, i verbali del boss pentito: "Così controllavamo i trasporti" -

Mafia, i verbali del boss pentito: “Così controllavamo i trasporti”

Le rivelazioni del pentito Salvatore Giarrizzo (nella foto)
OPERAZIONE 'ULTIMO ATTO'
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CATANIA – Dal controllo del trasporto di arance verso il Nord alla movimentazione dei singoli bancali di merce. Il boss pentito Salvatore Giarrizzo svela i segreti di una delle attività più redditizie per il clan Toscano – Tomasello – Mazzaglia: la gestione degli autotreni in partenza dal Catanese con la MN Logistic. Un affare milionario, come hanno documentato i carabinieri, all’interno dell’operazione ‘Ultimo atto’.

“Io mi pento”

“Ho iniziato a collaborare per cambiare vita e per dare un futuro migliore ai miei figli”. Sono le prime parole del boss pentito Salvatore Giarrizzo, per anni a capo degli Scalisi di Adrano. Nei verbali finiti al centro dell’operazione ‘Ultimo atto’ ci sono i segreti della storica famiglia affiliata ai Laudani e la descrizione degli affari più importanti.

Giarrizzo entra appena 17enne nel clan Scalisi, nel 2017 è il nuovo boss, i predecessori Pietro Maccarrone e Vincenzo Biondi erano finiti in carcere. Il suo pentimento fa tremare i clan e scattano le vendette. La notte prima della requisitoria del processo The King viene incendiato l’ex camion dei panini di Giarrizzo, come si era ripromesso Massimo neri, parlando con alcuni familiari. Nel clan qualcuno pensava pure a pianificare un omicidio, ammazzando uno dei parenti del pentito. “Gli butti a terra qualcuno – diceva Maurizio Mastro – il primo, il secondo anche la famiglia…suo papà e sua mamma, così funziona il mondo…questo si deve fare Massimo…per subito”.

E ancora, pochi mesi fa, una donna è stata vittima di un lancio di acido sul viso: era stata legata proprio a Giarrizzo.

Mafia, l’agenzia d’oro

“Quando si parla dell’’Agenzia’ si fa riferimento alla struttura logistica che gestisce i trasporti di merce su ruote per tutti i magazzini che lavorano ad Adrano e Biancavilla nel settore ortofrutticolo. Attualmente è ubicata a Biancavilla ed è gestita da Carmelo Militello”. Biancavilla e Adrano sono tra i centri più importanti del Catanese per la produzione di prodotti ortofrutticoli. Epicentro di un mercato storico, quello di Adrano, con link diretti a livello nazionale, soprattutto per il trasporto delle arance. Non a caso l’agenzia aveva due sedi, una ad Adrano e l’altra a Biancavilla. Territori diversi, famiglie diverse, che però gestivano lo stesso affare: per i padroncini proprietari di autotreni non c’erano alternative: dovevano passare dalla mafia per lavorare.

Il “sistema” dei trasporti

Un’agenzia logistica, dalla quale dovevano transitare le merci provenienti dai vari depositi. Il collaboratore spiega come funziona il sistema: “Intorno all’agenzia vi è un grosso giro di affari, la struttura, infatti, impone ai magazzini di rivolgersi a loro per ogni trasporto e se si vuole effettuare qualsiasi viaggio non vi è altra possibilità che chiedere gli automezzi all’agenzia”. Non ci sono alternative per i trasporti: “Nessuno può organizzare diversamente il trasporto della merce mediante, ad esempio, l’affitto in proprio di un mezzo pesante, mettendo da parte l’agenzia. Dai proventi di tale attività logistica, che vanta il monopolio su Adrano e Biancavilla, una parte viene distribuita tra il clan Scalisi, il clan Santangelo e il clan ‘U pepe’ di Biancavilla”.

La trappola per i produttori agricoli

Una morsa, quella della mafia, che non lasciava scampo agli imprenditori agricoli e ai camionisti. Tutti dovevano “passare” dall’agenzia, intestata formalmente alla figlia di Carmelo, il vero titolare per conto – secondo gli inquirenti – delle famiglie mafiose. Un secondo pentito ha parlato dei retroscena della gestione dei trasporti. “Ogni camionista – ha detto La Rosa – deve pagare circa 200 euro per ogni bancale trasportato ed è obbligato a farlo, dunque l’agenzia altro non è che una forma di estorsione ai danni dei camionisti ai quali viene imposto di pagare un dazio se vogliono lavorare”.

“L’agenzia era una scusa”

Attraverso l’agenzia, i depositi di arance pagavano il pizzo. “Anche i magazzini di arance e frutta pagavano somme al clan mafioso – continua il collaboratore La Rosa – retto da mio cognato ed in particolare sempre all’agenzia dei trasporti e pagavano in percentuale al peso della frutta da trasportare e che era stata venduta al Nord italia”. “In sostanza – conclude il collaboratore – l’agenzia era solo una scusa per imporre somme da pagare come estorsioni sia ai camionisti, meglio ai padroni dei camion, che ai titolari di magazzini e ditte che utilizzavano i predetti camion”.


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