04 Maggio 2013, 06:15
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PALERMO – Una serie di processi terminati con l’assoluzione, altri ancora in corso, un passato sentimentale difficile e alcuni affari in corso nel settore dell’edilizia. Chi era Massimo Pandolfo, l’uomo massacrato a coltellate ad Acqua dei Corsari. E soprattutto dove si annida il movente di un delitto tanto efferato? La vittima è stata raggiunta da quaranta fendenti al corpo, mentre alcuni colpi di pietra ne hanno sfigurato il volto.
Il 26 aprile scorso Pandolfo è uscito di casa per non farvi più ritorno. La madre, con cui viveva dopo essersi separato dalla moglie, ne ha denunciato subito la scomparsa. Il telefono era stranamente spento. Per scoprire cosa sia accaduto si scava nel passato di Pandolfo.
Un passato pieno di tappe giudiziarie. Più volte è finito sotto inchiesta. Tre i processi più scottanti, dai quali, però, è uscito indenne. Il primo è datato 2000 e riguardava un furto telematico di 256 miliardi di lire. Soldi che rischiarono di essere trasferiti dalla tesoreria della Regione Siciliana in Emilia Romagna. La truffa fu sventata da un poliziotto infiltrato nella banda che aveva collegamenti con le famiglie mafiose della Noce.
Nel 2002 fu coinvolto in un’indagine per un presunto riciclaggio di auto di lusso. Macchine da sogno rubate sulla piazza di Milano e in Francia e rivebdute in mezza Italia a prezzi stracciati. Grazie a contatti diretti dentro le Motorizzazioni, la banda riusciva a dare alle auto una nuova verginità.
Un anno dopo il suo nome era inserito nell’elenco degli indagati per una nuova truffa telematica. Lo accusarono di fare parte della banda che tentò il colpo del secolo: rubare 1700 miliardi dal caveau informatico del Banco di Sicilia con un semplice clic. Ma l’incursione nel sistema, la prova generale della truffa, fu scoperta e il colpo andò a monte. Per tutti e tre i processi gli avvocati Paola Rubino, Giovanni e Ivano Natoli erano riusciti a provare l’innocenza di Pandolfo. Solo la mancata truffa ai danni del BdS è ancora pendente in appello assieme ad altri due procedimenti in cui la vittima è imputata di piccole ricettazione.
Dopo la separazione dalla donna che gli aveva dato un figlio, Pandolfo era tonato a vivere con la madre. Di recente aveva iniziato ad occuparsi di ristrutturazioni immobiliari. In particolare, stava lavorando al restauro di un antico palazzo nella zona del Papireto, nel cuore della Palermo vecchia. Che siano stati i contrasti nell’attività edilizia ad armare la mano del suo assassino? Un’ipotesi al vaglio dei carabinieri del Nucleo operativo e del Reparto territoriale guidati da Salvatore Altavilla ed Enrico Scandone. L’indagine è coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Scalia e dal sostituto Geri Ferarra che non scartano l’ipotesi che l’omicida possa essere un uomo truffato da Pandolfo e andato su tutte le furie.
Un elemento certo in tutta questa brutta faccenda è la ferocia con cui la vittima è stata uccisa a coltellate e sfregiata a colpi di pietra. Sintomo di un forte risentimento personale. Pandolfo potrebbe essere stato ucciso da un’altra parte e il cadavere poi abbandonato fra le sterpaglie del Teatro del Sole ad Acqua dei Corsari. L’ipotesi più plausibile, stando ai rilievi dei carabinieri, è che sia stato assassinato sul posto.
E qui entra in ballo la pista del delitto maturato in ambienti segnati dalla deriva delle abitudini sessuali. Pandolfo potrebbe avere visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere. O forse qualcuno, magari intento a gestire chissà quali traffici illeciti. In passato la vittima era finita sotto inchiesta anche con l’accusa di lesioni nei confronti di un uomo, il suo ex convivente. Inchiesta su cui, però, si era abbattuta la prescrizione.
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04 Maggio 2013, 06:15