26 Luglio 2019, 05:18
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PALERMO – Call center e incertezza: due parole che nella lunga estate sull’Isola, terra di lavoratori precari delle telecomunicazioni, viaggiano a braccetto. Più delle alte temperature, sono causa di un clima rovente gli scioperi e la disperazione di migliaia di lavoratori del settore, in attesa del proprio destino. Con loro, sull’orlo del baratro, intere famiglie.
Il caso di Almaviva contact è il più scottante. A Palermo l’azienda fa base da anni, con un polo importante per la gestione dei flussi di chiamate in entrata e in uscita. Il problema è lo scompenso tra questi volumi di traffico, ora ridotti in seguito a scelte strategiche dei committenti Tim e Wind 3, e il numero di lavoratori ancora in attività. Così 1.600 lavoratori in esubero, salvo clamorosi colpi di scena che al momento non si intravedono, verranno licenziati a partire dal 10 settembre; sono oltre la metà dei dipendenti del sito palermitano. Questione che le sigle Cgil, Cisl, Uil e Ugl hanno discusso in Prefettura il 18 luglio, insieme all’assessore comunale al Lavoro Giovanna Marano e al viceprefetto Maria Baratta. Il prefetto farà da intermediario per incentivare l’apertura di un tavolo specifico per la vertenza di Palermo al ministero dello Sviluppo economico, la cui attenzione al momento è invece concentrata sulla crisi dell’intero settore.
Allargando il campo dai 1.600 posti a rischio di Almaviva ai 20 mila dipendenti del settore in tutta la Sicilia, il polo palermitano sarebbe l’apripista di una crisi annunciata. Di recente nel calderone è finita anche Abramo, altro colosso dei call center, che non ha rinnovato 900 contratti a tempo determinato; i sindacati spiegano che è stata aperta una procedura di solidarietà, e per la prima volta l’azienda è entrata nell’ambito degli ammortizzatori sociali. Guai anche per Comdata, presente anche a Palermo e coinvolta nella perdita di volumi di traffico di Tim e Wind, che ha determinato la chiusura dei siti di Ivrea (Torino) e Pozzuoli (Napoli).
“A Palermo abbiamo un’emergenza che è uno tsunami di portata colossale – avvisa Maurizio Rosso, segretario generale Slc Cgil Palermo -. Questo è il vero problema da risolvere immediatamente”. Rosso elenca ciò che occorrerebbe per la ‘rinascita’ di Almaviva e non solo: “Azioni serie per impedire le delocalizzazioni selvagge dei committenti all’estero, osservanza dei costi delle tariffe nel rispetto delle regole nazionali, e vigilanza attiva sui contratti tra i committenti e Almaviva, perché non è possibile che dall’oggi al domani Tim e Wind taglino il traffico anche del 60-70 per cento. E poi – conclude – si rende necessario creare un fondo per il settore, per dare una spinta e inquadrare diversamente anche modo di lavorare. Per esempio cambiando rotta verso il settore dei servizi, dove ci sono praterie di occupazione”.
Ieri i lavoratori di Almaviva contact hanno scioperato e sono scesi in piazza, marciando in corteo dal Teatro Massimo a Palazzo d’Orleans. I segretari dei sindacati Cgil, Cisl, Uil e Ugl sono stati ricevuti dal presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci e dall’assessore regionale alle Attività produttive Girolamo Turano. L’incontro viene riassunto da Claudio Marchesini, segretario regionale Ugl telecomunicazioni: “Abbiamo dato degli input importanti per salvare i ‘morti del 10 settembre’. Bisogna fare qualcosa per capire quante unità potrebbe perdere il settore, secondo noi tra le 6 e le 10 mila, e poi fermare l’emorragia per esempio istituendo una task force regionale. Ora – prosegue – è fondamentale anche rintracciare gli attori principali: i committenti. Noi ci riuniamo, ma loro mancano sempre. Musumeci ha allargato le braccia e ha spiegato che non c’è interlocuzione a Roma, e gli abbiamo dovuto dare ragione. Per salvare Almaviva ci vorrebbero circa 15 milioni di euro stanziati in emergenza, ma questo governo nazionale fa figli e figliastri, e lascia che i figliastri muoiano di fame”. I lavoratori dei call center valutano anche le ipotesi peggiori: “Abbiamo chiesto un incontro con l’assessore regionale alla Formazione Roberto Lagalla – dice Marchesini – per capire come poter eventualmente riconvertire i dipendenti”.
Giuseppe Tumminia, segretario regionale di Uilcom Sicilia, definisce la vicenda “un gioco dell’oca: molte riunioni e ordini del giorno, ma permane uno stato di assenza delle istituzioni“. Secondo il segretario, “il governo nazionale ha dato un brutto segnale trasformando il tavolo Almaviva in tavolo di settore, di fatto scavalcando la questione palermitana. Ora il 10 settembre è sempre più vicino – continua – e lo sciopero è l’ultimo tentativo di avviare un processo virtuoso. Come? Per esempio richiamando i committenti, chiedendogli di stornare le attività tagliate per impedire una crisi sociale così acuta, e magari affrontando più avanti regole e soluzioni”.
Giovanni Gorgone è il coordinatore regionale Fistel Cisl Sicilia; parla da sindacalista, ma anche da lavoratore di Almaviva contact Palermo. E ci tiene a far capire che “quello di operatore di call center è un lavoro vero, con cui manteniamo le famiglie. Alcune di queste sono nate in Almaviva: dopo tanti anni di lavoro qui, vari colleghi si sono anche sposati e hanno avuto figli. In 2.700 siamo in ammortizzatori sociali dal 2012 – avverte Gorgone – e c’è da dire che fortunatamente l’azienda, pur senza accordi pregressi, è riuscita ad aprire le procedure di solidarietà con picchi anche di permanenza a casa per 12 giorni al mese. Insomma – conclude – se non rientrano le attività dall’estero, Palermo non si rialza più. Forse chi dovrebbe salvarci è già in vacanza, ma i problemi non vanno in ferie. E noi lavoratori non abbiamo davvero più nulla da dare”.
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26 Luglio 2019, 05:18