25 Dicembre 2013, 00:49

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Le luci natalizie accendono la notte del centro storico. Una stella cometa troneggia sopra i cumuli di rifiuti della giornata, proprio di fronte a un rudere di nobiltà decaduta da decenni. Sigarette accese sui gradini di una chiesa. Un teatro a pochi passi. Il ricordo degli anni dell’università che si fa strada. Gli amici di sempre ci sono tutti. Anche questo Natale.

C’è Mario che è appena arrivato da Vienna. Sente caldo, anche se Giulia ha appena finito di dire che a Palermo finalmente è arrivato il freddo: 20 gradi. Mario si è trasferito in Austria senza sapere una parola di tedesco. L’università di Vienna si è interessata alla sua tesi prima ancora che la scrivesse e gli ha proposto un dottorato prima ancora della laurea. Da sette anni vive “in quella città per pensionati melomani” come la definisce lui, o meglio, dentro un laboratorio, dove osserva per almeno 18 ore al giorno le alterazioni di una particella. Ora, finito il dottorato, si trasferirà a Barcellona. Perché gli ricorda Palermo.

Valeria, invece, ha seguito il suo sogno come se fosse una stalker. E’ un’etologa, specializzata in primati. Vive tra Parma, gli Stati Uniti e il Madagascar. Anche se osservando l’omino dietro il fumo e le stigghiole ha un’idea sempre più chiara di quello che Darwin definirebbe “l’anello di congiunzione tra l’uomo e la scimmia”. Accanto a lei c’è Laura, amica di sempre, geologa specializzata in vulcanologia. Vive a Catania, dove c’è il Vulcano, quello con la V maiuscola? No, in Inghilterra, dove i vulcani li studiano, appunto. “Questa città è bellissima, potreste vivere di turismo!” esclama entusiasta Antonio, fidanzato di Valeria, milanese doc. Il gruppo lo guarda con biasimo, come dire: “Uhm… originale! Pare che non ci avevamo pensato!”

Claudio si è appena versato addosso una birra. Ha cambiato, in dieci anni, dieci città. L’unica costante è il suo lavoro: precario da sempre. Probabilmente sarà precario per sempre. E poi, lui, almeno, un lavoro temporaneo ce l’ha: sottopagato, sfruttato, ma in Italia, di questi tempi, è già tanto. Un lavoro sotto ricatto. Sei in bilico se i contratti scadono, si sa. Ovunque. Al nord come a Palermo. Simona si è laureata in Legge. Anche lei ha realizzato il suo sogno: lavora 20 ore al giorno, gira per le cancellerie polverose del tribunale di Palermo e si veste senza colori. Sostiene che è fortunata: l’avvocato da cui fa pratica a lei qualcosa almeno la dà… non come l’altra, Sonia, che fa solo fotocopie…

Enrica è una ragazza di Addiopizzo. Ce l’ha scritto pure sulla felpa. La stessa, da anni. E’ rimasta a Palermo per combattere la mafia. Il 23 maggio del 1992 non l’ha dimenticato. Per lei non è mai passato. La scorsa settimana al Teatro Biondo, però, quando ha visto entrare i ragazzi della scorta del magistrato prima e dell’attore poi, e ha sentito il silenzio che è sceso in sala, ha avuto paura. Per un attimo ha pensato che davvero quel 23 maggio non è passato mai. Non è cambiato nulla.

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Mara ha un lavoro, anzi due, o forse tre… Il primo è a tempo indeterminato e in fondo ben pagato, gli altri sono i lavori della sua vita che non le permettono, però, da soli, di pagarsi il mutuo a fine mese. Certo, la sua azienda, che ha una sede anche a Milano, dove lavora Domenico come ingegnere tra la nebbia e il nulla, forse farà armi e bagagli e lascerà Palermo per Bucarest. Certo, per aver riconosciuta la propria professionalità ha quasi fatto un’azione legale per mobbing. Bloccata in mezzo al traffico di viale Regione Siciliana o nell’attesa biblica di un autobus che non passerà mai, Mara non si lamenta. Dicono che del gruppo sia la più fortunata. “Ma vuoi mettere? Lavorare a Palermo! Dove non piove mai!”

Giusy è una veterinaria. E’ stata per anni in Inghilterra, dove per i cani malati ci sono la chemio e la fisioterapia. Ora è tornata a Palermo, e ancora non è chiaro perché. In questi ultimi anni Giusy è cambiata molto. Dice che non riesce più a piangere. E che è diventata cinica. Oggi hanno portato da lei, in ambulatorio, un cane randagio preso a sprangate. Perché dava fastidio. Giusy ha ancora lo sguardo spaventato di quell’animale stampato negli occhi. Un ragazzo passa in scooter, chiede: “Hai da accendere?” Giusy gli passa veloce il suo accendino. Lui la ringrazia e le dice: “Buon Natale”. Dopo, scompare tra i vicoli. Giusy resta in silenzio. Si domanda perché non riesca più a piangere. E nemmeno ad augurare più buon Natale.

 

 

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25 Dicembre 2013, 00:49

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