Anno giudiziario, la relazione| “Si ricorre al linguaggio dell’odio”

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25 Gennaio 2019, 18:33

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PALERMO – Una relazione che analizza i numeri dell’amministrazione della giustizia nel distretto di Palermo, ma che partendo dalle statistiche offre una chiave di lettura sociologica. A firmare la relazione che sarà presentata domani, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, è Matteo Frasca, presidente della Corte di appello di Palermo. 

“Non si guarda ai beni comuni come espressione dell’interesse collettivo – scrive Frasca nelle conclusioni – ma riaffiorano l’individualismo e l’egoismo, si accantona il valore della solidarietà che costituisce il presupposto elementare della convivenza civile, si abbandona il senso della comunità. Emergono, invece, le profonde contraddizioni di un sistema costruito su una dimensione europea a ogni livello, giuridico, economico e organizzativo, ma nel quale cresce la spinta per regole che tutelino localismi e particolarismi. L’incertezza e la crisi della fiducia nel futuro alimentano il risentimento e l’acredine, amplificano l’intolleranza testimoniata da un crescente e diffuso ricorso al linguaggio dell’odio e fanno riemergere quella componente violenta che Hobbes riteneva essere latente nell’uomo e solo nascosta ma non eliminata dalla civilizzazione”. Il riferimento è soprattutto agli episodi di aggressioni aggravate dall’odio razziale registrate negli ultimi tempi.

“Ma la crisi investe anche la politica e la sua funzione generale: le leggi sono spesso inadeguate ad assolvere in modo efficace alla regolazione dei rapporti, che quindi viene delegata alla giurisdizione – prosegue Frasca -. Diventa, quindi, indispensabile un processo globale di recupero della fiducia, al quale può e deve contribuire la Magistratura nell’esercizio della giurisdizione. Nell’architettura costituzionale la Magistratura svolge la funzione di tutela dei diritti e di controllo di legalità” .

Per assolvere al proprio dovere, però, la magistratura deve non solo essere ma anche apparire indipendente: “La funzione di garanzia dei diritti rende indispensabile che la magistratura goda della fiducia da parte della collettività nella capacità di svolgere il suo ruolo: fiducia nella competenza tecnica, nell’onestà, nel rigore intellettuale, nell’imparzialità di giudizio. Ed è anche per questo i magistrati devono evitare ogni forma di collateralismo con il potere politico e con qualsiasi altra forma di potere, e anche soltanto l’apparenza di esso: il mero sospetto della mancanza di indipendenza o di un possibile condizionamento esterno è sufficiente ad alimentare la perdita di fiducia nell’azione della magistratura e indebolirne il ruolo di garanzia”.

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Quindi uno stoccata all’indirizzo della politica: “Il dissenso rispetto alle decisioni giudiziarie, così come la critica del loro contenuto, fanno parte della dialettica democratica e quando non trasmodano nel dileggio e nell’insulto, contribuiscono alla crescita culturale della giurisdizione. Ma il consenso popolare non è neppure sufficiente a legittimare ogni atto politico di governo che incontra il limite invalicabile del rispetto dei diritti fondamentali, l’accertamento della cui violazione compete esclusivamente alla magistratura. Il consenso popolare non può rendere lecito un atto contrario ai diritti costituzionalmente garantiti che sono tutelabili nei confronti delle contingenti maggioranze politiche e quand’anche la loro violazione fosse conseguenza di un atto politico condiviso unanimemente”.

Infine Frasca cita il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

 

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25 Gennaio 2019, 18:33

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