Azione disciplinare per Ingroia |”Stupito dal ministro”

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18 Marzo 2013, 11:55

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ROMA – Il ministro della Giustizia, Paola Severino ha chiesto al procuratore generale della Cassazione «di estendere l’azione disciplinare» lo scorso 7 marzo, accusando l’ex procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia di aver «leso l’immagine della magistratura». Ne dà notizia oggi il Corriere della Sera. La vicenda riguarda il processo a Marcello Dell’Utri: “La mia cultura della prova viene dagli insegnamenti di Falcone e Borsellino. Quella del presidente Grassi non so”, aveva detto Ingroia riferendosi al presidente della quinta sezione penale della Cassazione, che aveva annullato con rinvio la condanna a Marcello dell’Utri a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. L’ex pm passato alla politica quindi finisce sotto procedimento. È la seconda tegola disciplinare, ricorda il quotidiano di via Solferino, che si abbatte sul leader del movimento Rivoluzione civile. Il pg della Cassazione ha già inviato al Csm un «atto di incolpazione» per Ingroia con l’accusa di «aver vilipeso la Corte costituzionale e leso il prestigio e la reputazione dei suoi componenti». Anche in quella circostanza venivano contestate al magistrato palermitano le opinioni espresse in alcune interviste sulla sentenza della Consulta che aveva dato ragione al Quirinale nello scontro tra l’ex pm dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia e il Colle.

“Leggo sulla stampa che il ministro Paola Severino ha chiesto un’azione disciplinare nei miei confronti. Sono stupito: le mie erano solo critiche legittime e non attacchi personali”. Così Antonio Ingroia commenta l’iniziativa del ministro. Il ministro cita un passo di due interviste del 10 e 11 marzo 2012: “Ho la sensazione – aveva dichiarato Ingroia – che la sentenza e il dibattito che strumentalmente ne sta scaturendo rientrino in quel processo di continua demolizione della cultura della giuriisdizione e della prova che erano del pool di Falcone e Borsellino”. In un’altra dichiarazione Ingroia si era detto “sorpreso per questo esito perché conosco le prove che ci sono nel processo, ma non posso dirmi altrettanto sorpreso conoscendo la cultura della prova del presidente Aldo Grassi, che è totalmente lontana dalla mia”.

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“Sono molto sereno”, dice ora Ingroia. “C’é stato un travisamento di senso delle mie parole. Non ho inteso offendere o insultare nessuno. Ritengo di avere esercitato solo un diritto di critica, che può essere anche aspra, ma ero preoccupato che una grancassa politico-mediatica potesse demolire la cultura della giurisdizione del pool”. “E’ passato un anno da quei fatti – aggiunge l’ex pm di Palermo – e il senso delle mie parole non è cambiato. Sono preoccupato per lo stato della facoltà di critica. Mi sorprende semmai che anche recentemente un mio collega mi abbia insultato pesantemente. Ma, come sempre, non ho reagito”. Ingroia si riferisce al caso di un collega, Salvatore Barresi, che nei giorni scorsi lo aveva attaccato su Facebook. Barresi, giudice a latere nel processo di primo grado a Giulio Andreotti, aveva scritto: “Il tramonto di Ingroia. Rivoluzionario fallito. E’ morto, politicamente, e giudizialmente. Difficilmente tornerà procuratore”. “Mi stupisce molto – dichiara l’ex pm di Palermo – che pochi giorni fa siano passati sotto silenzio gli insulti che ho ricevuto da un collega, tra l’altro su una bacheca pubblica di Facebook, mentre si intraprende un’iniziativa disciplinare nei miei confronti rispolverando un’intervista vecchia di un anno, e bocciando il mio diritto alla critica”.

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18 Marzo 2013, 11:55

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