07 Gennaio 2023, 06:00
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C’è un umanissimo miracolo che si sta realizzando, in queste ore, a Palermo. Una città tormentata, spesso divisa, crollata nei suoi sogni, strangolata dai suoi guai, sta accorrendo – unita e generosa – al capezzale di Biagio Conte, per dirgli addio. Ed è questa la parola – ‘addio’ – con cui stiamo cominciando, senza volerlo, a prendere confidenza.
L’uomo che ha donato il suo cuore agli ultimi, il missionario che ha difeso tutti, senza distinzioni, e che si è preso pure i veleni dei social, quando è sceso in campo per i ‘fratelli migranti’, ha imboccato la strada di una prova suprema e sta chiamando a raccolta ognuno, con i suoi sentimenti migliori. Intanto, è qui. Lo ha detto ieri, con chiarezza semplice e profonda, Don Corrado, l’arcivescovo di Palermo: “E’ bello che possiamo celebrare l’Eucaristia qui insieme, ancora insieme a Fratel Biagio”. In quell’avverbio sospeso, ‘ancora’, c’è il senso della storia che stiamo vivendo. La felicità dell’esserci che si misura con l’ineluttabile, mentre sta costruendo la sua speranza più vera.
Biagio è qui. Palermo gli manda baci e carezze, prega, si reca al suo capezzale. C’è una processione infinita: fedeli, ospiti della Missione, sacerdoti, laici, personalità, cittadini. Tutti escono dalla stanza del missionario laico con una faccia diversa da quella d’ingresso, è successo al sindaco Lagalla e al presidente Schifani, come al resto. E si spiega: siamo talmente abituati alla vicinanza di una figura con il saio addosso e i sandali ai piedi che adesso lascia sgomenti il solo pensiero di un distacco terreno. Non vogliamo credere che sia possibile e invochiamo l’idea di una guarigione che si scontra con i fatti riferiti dall’oncologo Nicolò Borsellino.
“Dopo la diagnosi di tumore al colon, questa estate, Biagio Conte ha iniziato un trattamento di chemioterapia all’avanguardia – ha spiegato questo dottore schietto, noto per la sua umanità, assai competente -. Inizialmente, il suo corpo ha risposto. Poi, purtroppo, la sua malattia ha acquisito resistenza. Le condizioni cliniche sono peggiorate e sono state messe in atto, soprattutto, terapie di supporto. Non possono esserci trattamenti diversi”.
Nessun medico che ha una coscienza, sovrabbondante nel caso del dottore Borsellino, vorrebbe mai pronunciare una frase del genere. Nessuno vorrebbe mai ascoltarla. Così, siamo qui, con l’animo diviso in due. Con la tristezza che è un accessorio normale, ma con la speranza e con l’affetto che si infiammano di gioia vivida. Perché arreca una felicità, forse inattesa, esserci, essere ancora con lui, mentre dietro la porta di una stanza, si canta, si prega e, comunque, si spera.
Siamo qui, dunque, al crocevia di un tempo ancora sospeso, in una rarefazione di lacrime e sorrisi che solo i miracoli possono spiegare. Come quello, umanissimo, che Palermo vive con le sue giornate di sole, chiamata a raccolta dall’uomo che ha donato a tutti se stesso, i suoi occhi azzurro cielo e il suo immenso cuore. (Roberto Puglisi)
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07 Gennaio 2023, 06:00