Calcio, passione incivile

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06 Gennaio 2011, 20:38

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L’avere scritto in un articoletto che una Roma (calcisticamente) “ladrona” ha rubato la partita al Catania provoca ancora sul capo del sottoscritto una pioggia di contumelie da parte di civilissimi lettori di fede romanista. Il grado di equilibrio dei suddetti è tangibile nei commenti che hanno graziosamente rilasciato. Non mettiamo e non leviamo niente. Ma non è un problema di colori. E’ che il tifoso doc appartiene ormai alla violenza con tutto se stesso, si è sacrificato al suo altare, dopo anni di pascoli televisivi e curvaioli nefasti, capillarmente acconciati allo scopo. Il calcio è violenza, nelle sue parole, nei suoi riti, nei suoi officianti. Il calcio è Colosseo, che sia romano, bianconero, catanese, palermitano, etc, etc… Il diverso parere è una bestemmia al cospetto di una congrega di talebani.

Ci torniamo. E ci torniamo non perché interessi rispondere agli insulti, né per fatto personale. Siamo abituti alle ruvidità, è un ingrediente del nostro mestiere di cronisti. Semplicemente, quello che accade si riflette in uno specchio opaco dai contorni chiarissimi. Un giornalista ha il compito di guardare e raccontare, con tutte le sue fragilità, l’abisso che vede.

E’ colpa grave pensare che Totti sia un ex giocatore? Sì, evidentemente, perché tocchi un semidio, il capo di una comunità tribale che in lui si riconosce. Il dato tecnico non c’entra nulla.  Attenzione, lo stesso varrebbe per Miccoli, per Mascara, per Di Natale… Nel calcio rivive l’antico rito della prosternazione davanti al totem indiscutibile. E chi viola lo spazio sacro è un mascalzone, un nemico. Sembra impensabile che ciò succeda in un Paese evoluto, oltretutto gravemente incapace di indignarsi per cosucce assai più serie. Però il succo agro c’è. E dalla rabbia esibita all’escalation colombiana il passo è sempre più breve di ciò che si pensi. Forse ci siamo già.

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Amici tifosi che tanto “ve siete appicciati” per strillare insulti al sottoscritto, una domanda appena. Non vi viene il sospetto che qualcuno abbia deciso di soffocarvi nella psicopatologia della serie A Tim, per calmierare la furia di un periodo sociale complesso, per annacquarvi nella simbologia di un pallone che rotola, evitando scomode prese di coscienza, foraggiando un’ira inutile quanto cieca?

A me il sospetto viene, ogni volta che rimango esterrefatto per il livello di odio che si raggiunge, tra persone sostanzialmente perbene.  Tuttavia, la realtà non muta.  L’unica, sincera passione di questa disgraziata Italia è, a conti fatti, una passione incivile.

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06 Gennaio 2011, 20:38

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