Candele accese per Daniele Discrede | Così muore la notte di Palermo

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26 Giugno 2014, 06:37

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PALERMO- Abbiamo acceso una candela per rischiarare la notte di Palermo. Le abbiamo messo intorno un po’ di carta in forma di fiore, affinché la luce non diventasse rogo. La qualità maggiore della giustizia è la misura. Abbiamo chiesto giustizia per Daniele Discrede, assassinato a Palermo, in una notte senza luce, davanti agli occhi di sua figlia. Abbiamo chiesto verità con una fiaccolata. Una rapina andata a male ha provocato una ferita incalcolabile nel cuore della famiglia di Daniele, nella carne di una città che sta morendo di rassegnazione e di paura. Ma le anime vive e non morte che si sono incontrate davanti alla chiesa di Passo di Rigano, a pochi metri dal luogo dell’omicidio, rappresentano una delle ultime speranze a disposizione, qualcosa che riscalda col silenzio della dignità e dell’affetto.

In questa porzione di comunità dimenticata, che noi amiamo chiamare periferia e che è il centro del nostro terrore, nello spazio di confine terribile, nella frontiera in cui ormai abitiamo, sventola qualche bandiera dell’Italia, sopravvissuta all’Uruguay, qualche bandiera del Palermo. Balconi spogli: è strano. I balconi palermitani sono l’esibizione di un orgoglio privato che non si mischia mai col pubblico, perché ognuno, in fondo, vive a casa sua. I balconi sono un lusso di gerani, di girandole, di fiori curati. Qui, in piazza, la nudità del davanzale è chiara. Come se anche essere balconi, nel centro e in periferia, fosse un pericolo indicibile. Sui muri, manifesti elettorali cotti dal sole, ere geologiche di bugie, delle menzogne di chi si è salvato, prendendo per la gola il popolo minuto.
Parla padre Nicola, il sacerdote del quartiere: “Siamo piccole luci in cammino. Ognuno di noi può diventare la luce dell’altro”. Ed è fisicamente così. Le fiaccole passano di mano in mano. Ognuno accende la sua candela e la porge al vicino. Alle finestre ombre, ai balconi profili oscuri. Sono persone, somigliano fantasmi. Non hanno occhi, né bocca, né voce. Non hanno lineamenti, né mani, né abbracci. Sono cittadini senza città.

Il popolo delle fiaccole inizia il suo cammino. Ci sono gli amici di Daniele, gli amici di Vito, suo fratello, gli amici di un nucleo familiare coraggioso. Ci sono anime generose che hanno imparato ad apprezzare il valore di una famiglia unita, eccezionale, che dal giorno della morte di un figlio e di un fratello non ha mai avuto parole d’odio e di rabbia. Mai un grido fuori posto, mai una comprensibile bestemmia. Solo preghiere e dignità, tanta dignità.

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E’ la dignità che ravviva la luce e cancella la notte di Palermo. Vibra, insoddisfatta, una richiesta perentoria, già emersa in una nota nei giorni scorsi, a corredo dell’appuntamento: “Si ha la sensazione che questo di Daniele Discrede, fortunatamente, non potendosi classificare ad oggi come delitto di mafia o di racket, insomma senza un’etichetta classica, sia stato declassato a delitto di serie B, con una conseguente attenzione dedicata non degna della grande ribalta. Questo aspetto inquieta ogni cittadino, oltre che i congiunti e gli amici della vittima, che vede annacquato un elemento basilare della società civile, che è la protezione e la sicurezza, nella paura che un qualsivoglia anti-stato possa occupare tale ruolo di vigilanza. La famiglia Discrede, pertanto, seppur con grande discrezione, nello stile che l’ha sempre caratterizzata nel lavoro e nei rapporti con gli altri, chiede a gran voce giustizia”.

Ci si ferma ogni tanto, per consentire ai vigili urbani di controllare le macchine che accostano in segno di rispetto. I passi si fanno pesanti, man mano che il traguardo si avvicina. Il buio opprime. Le figure alle finestre scompaiono in una lingua di buio. Ecco il posto. Qui, Daniele Discrede ha respirato per l’ultima volta, ha reagito, ha lottato, ha guardato sua figlia con la disperazione di un padre che sta per morire e  ha mostrato l’eroismo di un padre, nel raccomandarla ai primi soccorritori, nonostante il dolore. Vito, con le sue sorelle, depone un mazzo di fiori. Qualche parola: “Mio fratello direbbe: miii quanti siamo”. Ed è ancora un tentativo di rintracciare un grammo di sorriso: “A Daniele sarebbe piaciuto così”.

Le lucine si spengono. Qualcuno conserva la sua. Qualcuno la posa nel sacrario di un uomo assassinato, nel lembo di asfalto che apparterrà in eterno a tutto l’amore di Daniele Discrede. Non dimentichiamolo. Non permettiamo che il suo viso appassisca nella galleria sterminata delle vittime senza risposte.
Abbiamo attraversato la notte per arrivare dove siamo arrivati. Ora tocca a te, Palermo. Ora devi dirci cosa vuoi fare. Devi dirci se la speranza può vincere, o se è destinata a durare il tempo breve, il fiato di una candela.

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26 Giugno 2014, 06:37

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