Cappellano e la mazzetta a Saguto | “Manco fossi stato Flash Gordon”

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20 Marzo 2019, 16:51

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CALTANISSETTA –  “Caronia ha inventato operazioni che non esistono. Dice falsità”, così Gaetano Cappellano Seminara introduce uno dei punti chiave del processo: il pagamento di una mazzetta da ventimila euro a Silvana Saguto che l’amministratore giudiziario avrebbe portato una sera a casa del magistrato dentro una valigia. L’architetto ha un ruolo importante nell’indagine. La sua è stata una conferma per gli investigatori, visto che ha raccontato di avere ricevuto da Cappellano un pagamento di ottanta mila euro per alcuni lavori edili e che lo stesso Cappellano gli avrebbe chiesto uno sconto di ventimila euro. Soldi che Caronia ha sostenuto di avere consegnato in contanti all’imputato. Da qui la provvista utilizzata dall’amministratore per pagare la tangente a Saguto.

Cappellano smentisce di avere ricevuto il denaro da Caronia e nega pure di averlo incontrato. Per dimostrarlo tira fuori il verbale di un consiglio di amministrazione all’Hotel Astoria, un tempo da lui amministrato: “L’assemblea è finita alle 20:27 come si legge nel verbale (Cappellano lo consulta in aula), ci siamo trattenuti a parlare, ho fatto delle telefonate, esco dal parcheggio dell’hotel di via Montepellegrino, con me in macchina c’era un coadiutore, sono andato in via Mariano Stabile dove c’era mio figlio ad aspettarmi in una pizzeria. Come faccio ad essere in piazza Sturzo alle 20:30? Neanche fossi Flash Gordon”. È in piazza Sturzo che secondo il racconto di Caronia sarebbe avvenuta la consegna del danaro in contanti: “Le celle telefoniche impegnate dal mio telefono sono incompatibili con la mia presenza in piazza Sturzo”.

Cappellano attacca: “L’ultima volta che ho incontrato l’architetto Caronia è stato subito dopo che è stata pubblicata la notizia della dazione di denaro. Ero incredulo. Vado a piedi a Palazzo Brunaccini perché so che lui si trova lì. Stava facendo delle riparazioni. Gli chiedo notizie sulle cose che ho letto e letteralmente sbianca. Era pallido, livido. Mi disse che l’aveva dovuto dire, quasi costretto, che aveva subito violenza, non fisica, la finanza aveva trovato un appunto a casa sua con scritto ‘meno ventimila euro’. Lui rispose che era uno sconto e ‘gli ho detto che ti ho dato ventimila euro’. ‘Perché hai detto questa falsità?’, gli chiedo. Mi disse che stava andando dal suo avvocato perché non avrebbero potuto verbalizzare le sue parole durante la perquisizione. Attendo ancora che l’architetto Caronia ritratti queste affermazioni”.

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All’indomani del presunto appuntamento in piazza Sturzo Cappellano va a casa di Saguto. A fare cosa? Cappellano legge ancora un documento dei tanti che ha portato con sé in cui si parla, il 30 giugno, della “consegna in data odierna al giudice” del piano industriale per gli hotel Ponte anch’essi in amministrazione giudiziaria. A casa Saguto Cappelano Seminara sostiene di avere consegnato non una mazzetta ma “il piano che andava depositato in tempi brevissimi”. Il documento è stato già acquisito agli atti del processo e riporta la data del primo luglio.

Cappellano ricostruisce i suoi spostamenti di quella sera: “Preparo il trolley perché devo andare due giorni a Roma. Prendo i vestiti e il piano industriale. Chiamo la dottoressa Saguto, le dico che ho fatto tardi, ma lei mi dive che posso passare anche dopo cena. Dico ‘ok se non è troppo disturbo’. Fissiamo questo appuntamento. Arrivo un po’ più tardi. Verso le 21:45. Scendo dalla studio a tarda sera con il trolley, ho una vecchia Jeep di trent’anni. Posteggio in via Sampolo. Esco dalla macchina e pendo il trolley. Non lascio mai nulla in macchina, a parte che avevo i documenti, perché la macchina si apre facilmente. Citofono, salgo e mi viene offerto un caffè. Mostro la documentazione, scendo e vado da mia figlia a cena. L’indomani mattina siamo andati a Roma”.

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20 Marzo 2019, 16:51

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