11 Giugno 2022, 06:00
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Cari palermitani, cari siciliani, ribellatevi ai signorotti del voto. A poche ore dalle elezioni c’è solo una cosa che può assicurare un futuro migliore a Palermo e alla Sicilia, dove ben 120 Comuni sono chiamati alle urne: il voto libero.
In Sicilia, più che in qualsiasi altra parte d’Italia, i diritti e i doveri sono messi in crisi da un sistema di gestione della cosa pubblica finalizzato ad alimentare l’apparato personale di chi lo governa. I manager vengono nominati dalla politica e devono rendere conto ai boss dei vari partiti del loro operato. Dagli ospedali ai Comuni: un “amico” in politica vale più di ogni cosa. Senza il politico di riferimento bisogna attendere mesi per una tac, per un trapianto di organi e, come documentato anni fa nel libro mastro di un noto presidente della Regione, il discorso vale anche per le iscrizioni nelle scuole materne. In questo modo ciò che ovunque è un diritto, in Sicilia diventa privilegio. È un sistema feudale, in cui i feudatari della politica concedono ai “sudditi” ciò che richiedono.
Il venir meno dei diritti e dei doveri ha accentrato il controllo del futuro della Sicilia nelle mani di pochi. Non è un caso che, da decenni, a capo dei vari partiti ci siano sempre le stesse facce. Molti di loro hanno gestito e gestiscono immense clientele, hanno dispensato migliaia di favori, ottenendo il baciamano e, soprattutto, il voto.
In Sicilia il livello militare della mafia controlla i quartieri, gestisce il traffico di droga e le estorsioni, ricicla i soldi con le scommesse online. Il livello militare stipendia decine di migliaia di persone: dalle vedette agli spacciatori, ma anche informatici, paga gli stipendi agli affiliati, sostiene i famigliari dei detenuti. Al momento del voto questo esercito si congiunge con la politica attraverso un patto, che si rinnova ad ogni appuntamento elettorale.
Il sistema feudale che governa parte della Sicilia è alimentato dalle consuetudini, dalle scelte che, ogni giorno, fanno i cittadini. Queste consuetudini danno vita a una legge non scritta, che si applica, semplicemente, perché le cose funzionano in questo modo: vuoi entrare in una pubblica amministrazione come consulente? Devi passare da un politico, le lauree sono in secondo piano. Vuoi diventare ricercatore? Come dimostrano le inchieste giudiziarie devi passare da un barone dell’università e il rapporto con la politica è strettissimo. Come si diventa dipendenti di una società partecipata da un ente pubblico? Grazie a un politico che, in seguito alla spartizione post elettorale, ottiene la gestione dell’ente per alimentare il proprio apparato. Su larga scala, il sistema feudale siciliano ha dato vita a un ordinamento parallelo, fatto di gratificazioni per chi accetta le regole e sanzioni per chi, semplicemente, è fuori dal sistema. Per questo molti giovani, laureati, sono costretti ad andare a lavare i bagni a Londra: non hanno l’amico giusto o non vogliono averlo.
Il corpo elettorale, quando si costituisce, deve essere libero. In Sicilia non è sempre così: chi ha ottenuto un favore, una prebenda, possibilmente col berretto in mano, deve rispondere agli ordini.
Resta solo un’alternativa al sistema dei favori che ha consegnato questa terra al sottosviluppo morale prima ancora che economico: l’affermazione dei diritti e dei doveri. Ma prima di rivendicare i diritti, bisogna esercitare il dovere di andare a votare e bisogna farlo da persone libere. Chiunque abbia ricevuto una promessa, chiunque confidi nell’elezione di un determinato politico per ottenere un favore, deve essere pronto a ribellarsi.
Nel segreto delle urne, cari palermitani, cari siciliani, ribellatevi ai signorotti del voto. È il momento di lottare per il futuro di questa terra, facciamolo per noi. Facciamolo per i nostri figli. Non possiamo essere sudditi di certi personaggi.
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11 Giugno 2022, 06:00