24 Novembre 2024, 05:01
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CATANIA – Mafia a Catania. Un tatuaggio con l’ultima frase di Cristo sulla croce. Era questo il giuramento di fedeltà imposto ai “carcagnusi”, gli appartenenti al clan Mazzei di Catania. A imporlo a tutti, secondo il pentito Graziano Pellegriti, era il presunto reggente, Cristian Lo Cicero.
Aveva una simbologia ben precisa e puntava tutto sullo spirito di appartenenza, quasi un cammino comune, delinquenziale, da fare assieme ai suoi fedelissimi. Il particolare emerge dall’ordinanza che ha portato all’operazione “Meteora”, condotta dalla Polizia.
Lo Cicero, 42enne originario della zona sud-occidentale della Germania, per il collaboratore di giustizia esercitava un’influenza importantissima sui suoi “sodali”. La Germania, peraltro, era uno dei luoghi dove si si riforniva di droga. Gli altri posti erano in Italia, in altre zone del Paese, e l’Olanda.
Il riferimento è alle ultime parole pronunciate da Gesù sulla croce, prima di spirare. Dall’ordinanza non si evince quali siano le parole pretese dal presunto boss, ma c’è da credere si tratti di una tra “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” o “Tutto è compiuto”.
Il tutto, va ricordato, per giurare fedeltà ai “carcagnusi”. “Questo giuramento – si legge nell’ordinanza – evidenzia la rigidità della struttura interna al gruppo mafioso e la necessità di conformarsi agli obblighi imposti dal capo”.
Dalle intercettazioni, scrive il gip nell’ordinanza che racchiude l’inchiesta di mafia a Catania, emerge come “un capo riconosciuto nel clan Mazzei, con un ruolo di gestione territoriale che coinvolgeva altri paesi etnei”. In una conversazione, quattro anni fa, avrebbe detto che “tutti i gruppi criminali operanti nei paesi etnei dovevano passare da Adrano, ovvero attraverso di lui, per discutere con il clan Mazzei”.
Quasi una rivendicazione di potere. E questo comportamento da capo sarebbe stato ulteriormente rafforzato quando Lo Cicero afferma apertamente la sua appartenenza alla famiglia Mazzei e il legame con i Santapaola, delineando una struttura gerarchica ben definita all’interno di Cosa Nostra.
A quel punto, dice che è pronto a risolvere i conflitti interni e disponibile a ricorrere alla violenza qualora necessario, dichiarando di essere pronto ad affrontare una “guerra di mafia”, con tanto di motociclette già pronte per l’azione.
Sarebbe stato responsabile della distribuzione di stupefacenti ad Adrano, Biancavilla e Paternò, e avrebbe gestito le estorsioni imposte dai clan locali, ricevendo direttamente i proventi del pizzo dai capi famiglia.
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24 Novembre 2024, 05:01