Cronaca

Mazzei, condannati il boss Nuccio e la moglie del capomafia Santo

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03 Febbraio 2022, 06:05

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CATANIA – Alla fine dei conti non è cambiato nulla. Le condanne pesantissime di secondo grado del processo Ippocampo, che vede alla sbarra i vertici di sangue della famiglia di Cosa nostra di Catania Mazzei (uomini e donne), sono state confermate – tranne una riforma – anche nell’appello bis. La Corte d’Appello di Catania chiamata a decidere dopo l’annullamento del 17 giugno 2020 con rinvio della Suprema Corte di Cassazione ha rimesso indietro l’orologio al 21 maggio 2018. 

In quella data era arrivata la stangata nei confronti di Nuccio Mazzei e degli altri imputati. Il dispositivo è stato letto dalla presidente Muscarella  ieri pomeriggio, tracciando così l’epilogo di un processo d’appello che ha visto come rappresentare l’accusa il pg Andrea Ursino. L’unica riforma è nei confronti di Michele Di Grazia: la Corte d’Appello ha riqualificato il reato e rideterminato la pena in 2 anni e sei mesi di reclusione. Poi ha “confermato nel resto” la sentenza. Questo vuol dire che sono ‘valide’ le pene comminate nel ‘primo appello’: Nuccio Mazzei  30 anni, Rosa Morace (moglie del capomafia Santo e mamma di Nuccio, ndr) 9 anni, Giovanni Galati Massaro 16 anni di reclusione, Prospero Riccombeni 13 anni, Gioacchino Intravaia, il cognato del capomafia, 11 anni, Gaetano Pellegrino, detto u Funciutu (fratello dell’ex consigliere comunale Riccardo che  sta affrontando un processo per corruzione elettorale), 9 anni.

I Mazzei sono considerati un po’ la corrente corleonese della famiglia catanese di Cosa nostra. Santo Mazzei è stato fatto uomo d’onore per volere di Leoluca Bagarella per spodestare Nitto Santapaola dal trono di padrino. Poi il piano fallirà, perché il boss viene arrestato nelle curve dell’Etna dalla polizia. Di un altro stampo mafioso il figlio Nuccio, che ha preferito la ‘pax’ con gli altri clan invece della ‘guerra’. E questi gli è valso di stare lontano per diverso tempo dalle aule dei tribunali. Poi è arrivato il blitz Scarface nel 2014, poi la latitanza e poi la cattura in una villetta a Ragalna nel 2015.

L’inchiesta Ippocampo ha fotografato gli affari illeciti dei ‘carcagnusi’ (così definiti nella malavita) soprattutto inerenti il traffico di droga. I difensori, in attesa delle motivazioni della sentenza – il cui termine è fissato in 90 giorni – , sono già pronti a preparare “un poderoso ricorso” per Cassazione. I tempi supplementari di questo processo non sono terminati. 

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03 Febbraio 2022, 06:05

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