Interessi criminali dietro gli sbarchi |"Giro d'affari da 400 mila euro" - Live Sicilia

Interessi criminali dietro gli sbarchi |”Giro d’affari da 400 mila euro”

La struttura, la rete e il giro d'affari delle organizzazioni criminali del Nord Africa che gestiscono il fenomeno dell'immigrazione clandestina. Ecco chi si nasconde dietro gli ultimi sbarchi avvenuti ad Agosto nelle coste catanesi, uno di questi registrò sei morti. (Nella foto i cadaveri alla playa dopo lo sbarco del 10 agosto) L'intervista al procuratore aggiunto Patanè.

Le inchieste della Procura Etnea
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CATANIA – Lucrare sulla pelle dei disperati. Un viaggio della speranza ad un povero migrante in cerca di una nuova casa costa dai 4 mila agli 8 mila euro. Numeri che emergono dalle inchieste della Direzione Distrettuale Antimafia etnea che coordina le varie indagini sugli sbarchi delle procure di Modica, Siracusa e Catania. “Il giro d’affari è di 400 mila euro a viaggio – dichiara a LiveSiciliaCatania il procuratore aggiunto Michelangelo Patanè – per queste organizzazioni criminali che sono ben strutturate e radicate nei Paesi del Nord Africa. Per quanto riguarda gli ultimi sbarchi che hanno interessato le nostre coste si tratta di organizzazioni egiziane”.

La struttura dell’organizzazione. Nulla di improvvisato. Il procuratore aggiunto Michelangelo Patanè e Lucio Setola, sostituto della Dda che si è occupato delle ultime inchieste relative agli sbarchi del 10 e del 19 agosto, scattano una fotografia precisa di come operano queste organizzazioni criminali. Una vera struttura di impresa: le basi logistiche sono le città portuali dell’Egitto. La prima fase è quella di raccolta dei migranti che vogliono “scappare”, una volta raggiunto un certo numero di persone, si prepara il carico per la nave (cosiddetta) madre. “Di solito i migranti – spiega a LiveSiciliaCatania Setola – vengono sistemati nella stiva dell’imbarcazione in modo da sfuggire ai controlli aerei sul Mediterraneo”. Il natante (20 – 26 metri) si ferma nelle acque internazionali dove avviene il trasbordo sui piccoli pescherecci che servono a far raggiungere le coste siciliane. I “barconi” sono pilotati dagli scafisti, mentre i vivanderi si occupano di rinfocillare i “passeggeri”. A gestire il trasporto dalla nave madre al porto siciliano sono solitamente altre organizzazioni formate da stranieri che vivono in Italia e che fanno partire le imbarcazioni proprio dalle nostre coste.

Egitto e Libia. Esistono due i punti di raccolta in Nord Africa per l’immigrazione clandestina via mare: Egitto e Libia.  “Si lavora per etnie – spiega ancora il sostituto procuratore della Dda Lucio Setola – siriani e egiziani partono dai porti dell’Egitto, mentre i cittadini della parte subsahariana si imbarcano dalle città libiche. Siracusa e Catania sono destinazioni delle organizzazioni egiziane, mentre la Libia punta sull’isola di Lampedusa”.

L’assenza di controlli. Il procuratore aggiunto Michelangelo Patanè non ha peli sulla lingua: “Questo commercio  che è estremamente vantaggioso per queste organizzazioni crimininali – dichiara – dovrebbe essere stroncato dal nascere, dovrebbero essere le autorità statali di questi Paesi che dovrebbero impedire questi viaggi che molte volte hanno come epilogo la morte per alcuni dei migranti. E quindi una collaborazione, visto che probabilmente non ve n’è alcuna, da parte delle autorità locali del Nord Africa sarebbe auspicabile”.

Sicilia, terra di transito. L’isola rappresenta per molti dei migranti solo un punto di addrodo e di passaggio, un ponte verso i Paesi del Nord Europa. L’Unione Europea, però, stabilisce che è la nazione dove avviene lo sbarco che deve occuparsi dell’identificazione e deve prendersi carico dell’immigrato. In questo “periodo di transito” agiscono altre organizzazioni formate da stranieri che operano in Sicilia. I migranti vengono contattati e sistemati in nascondigli in attesa di ricevere i documenti falsi per poter raggiungere gli stati dell’Europa settentrionale. “Un documento falso – spiega Setola – può costare dai 2 mila e 3 mila euro. Il ritorno economico, dunque, si aggira su grandi cifre”. Esiste poi un altro segmento in cui è ben visibile una mano criminale ed è quello che riguarda invece i gruppi di migranti che scelgono di restare in Sicilia. Qui si innesca il fenomeno del “capolarato”: i clandestini vengono nascosti in baracche di campagna e diventano manolavanza per l’agricoltura. Molte volte attraverso il lavoro “in nero” i migranti pagano i debiti che hanno con l’organizzazione criminale per il viaggio. “Nella maggior parte dei casi – aggiunge il sostituto della Dda – si tratta di organizzazioni che nascono e muoiono in un arco di tempo breve”.

Nella foto i cadaveri alla playa dopo lo sbarco del 10 agosto

Le ultime due inchieste sugli sbarchi a Catania. I cadaveri della Playa di Catania hanno inorridito il mondo intero. Sei giovani vite spezzate a pochi metri dalla pattigia solo perchè non sapevano nuotare. Tutto parte da quel tragico San Lorenzo, la procura di Catania lavora e in poche ore ferma due minorenni, ritenuti i vivandieri del peschereccio, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. (Uno dei due provvedimenti non è stato convalidato). Il 19 agosto un nuovo sbarco ha interessato Catania e tre scafisti sono finiti in manette. Collegamenti con la criminalità organizzata? Il procuratore aggiunto Michelangelo Patanè è chiaro: “Da queste due indagini non ne sono emersi. Si tratta come detto di organizzazioni egiziane che operano direttamente dal Nord Africa”. Lucio Setola della Dda apre scenari futuri: “L’attenzione comunque rimane alta. Il nostro ufficio, come altri in Sicilia e nel Sud Italia, non tralasciano l’eventuale interesse della criminalità organizzata a sfruttare questi viaggi per trasportare altra merce, come armi e droga. Al momento però non si sono elementi di riscontro su questa ipotesi”.

La macchina dei soccorsi. Il plauso della procura di Catania, guidata dal procuratore Giovanni Salvi, va al grande lavoro delle forze dell’ordine e delle associazioni di volontariato nel corso delle operazioni di sbarco del 10 e 19 agosto. “Un grande merito – afferma il procuratore aggiunto Michelangelo Patanè – al lavoro degli uomini della Questura, in particolare della Squadra Mobile, dei Carabinieri, in prima linea i militari della Compagnia di Fontanarossa, alla Guardia di Finanza, con i nuclei aerei, alla Guardia Costiera, ai Vigili del Fuoco e al 118. Hanno lavorato senza sosta e senza guardare i propri turni. Fondamentale anche l’impegno delle varie associazioni di volontariato, come la Croce Rossa, che hanno operato per ore e ore nonostante il grande caldo e fosse periodo di vacanze. Senza questa sinergia e collaborazioene – conclude – non si potrebbero raggiungere certi risultati”.

 

 


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