Centristi spazzati via dal voto |Il richiamo di Forza Italia e Pd - Live Sicilia

Centristi spazzati via dal voto |Il richiamo di Forza Italia e Pd

La "quarta gamba" si è già rotta. E dall'altra parte si guarda a Calenda.

Dopo le Politiche
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PALERMO – Il ciclone elettorale del 4 marzo da queste parti ha lasciato macerie. Qui dove c’era il “centro” non è rimasto niente o quasi. I cespugli di destra e sinistra sono appassiti, bruciati dalla vampa populista che ha fatto mettere le ali a Lega e soprattutto ai Cinque Stelle. In quello spazio, sempre più ristretto, che un tempo era appannaggio dei “moderati”, resistono con tanta sofferenza ormai solo il Pd, in Sicilia ai limiti della sopravvivenza, e Forza Italia. Per gli altri ci sono solo briciole. E la prospettiva concreta di finire presto inglobati.

E dire che solo pochi mesi fa, alle Regionali, le liste centriste avevano fatto il pieno. L’Udc di Cesa aveva ottenuto il 7, così come la lista di Popolari-Autonomisti, una squadra a tre punte con Mpa, Cantiere Popolare e Idea Sicilia di Roberto Lagalla. Era andata peggio ai centristi dell’altra parte, alfaniani e casiniani, rimasti sotto la soglia di sbarramento ma pur sempre con un quattro per cento di consensi. Insomma, le tre liste dei “moderati” avevano rimediato più del 18 per cento. Un tesoretto evaporato il 4 marzo, quando si è votato senza preferenze e dunque senza portatori di voti.

Quella che doveva essere la “quarta gamba” del centrodestra, la lista Noi con l’Italia-Udc, in Sicilia occidentale si è avvicinata al 3, in Sicilia orientale è rimasta inchiodata all’1,7. Civica popolare, la lista di Beatrice Lorenzin alleata col Pd, nell’Isola si è fermata a un deprimente 0,5, doppiata, per dire, dal Popolo della famiglia di Mario Adinolfi.

La Caporetto centrista si è tradotta nell’uscita di scena dal Parlamento nazionale di una serie di big, come Saverio Romano, leader di Cantiere Popolare e numero due di Noi con l’Italia. E le scosse di assestamento proseguono in questi giorni. La “quarta gamba” si è già bella che rotta, infatti. L’Udc e Noi con l’Italia non daranno vita a un unico soggetto politico come si era detto prima del voto. Gli eletti del partito di Cesa – a differenza di quelli di NcI – hanno scelto di federarsi con Forza Italia facendo gruppi unici in nome della comune aderenza al Ppe, permettendo così a Silvio Berlusconi di avere un gruppo parlamentare al Senato più consistente di quello di Matteo Salvini. E con un’ondata “anti-sistema” talmente travolgente, il destino dei cespugli sembra essere proprio quello di finire inglobati nei partiti di sistema che cercano di tenere botta.

Dall’altra parte è andata pure peggio. Se provate ad aprire il sito Internet di Alternativa popolare, scoprirete che è ancora fermo alle dimissioni di Angelino Afano. Il partito s’è svuotato, in Sicilia è praticamente azzerato. Dore Misuraca è entrato nel Pd, Giuseppe Castiglione ha salutato riavvicinandosi a Forza Italia, come Giovanni La Via. Idem per i Centristi di Casini. Gianpiero D’Alia si è ritirato dalla politica, così come Giovanni Ardizzone, tornato a fare l’avvocato. I remi sono stati abbondantemente tirati in barca. Da quelle parti si guarda alla riapertura del tesseramento del Pd.  La mossa di Carlo Calenda, un riferimento di quell’area, è vista con interesse. L’ingresso nel partito del ministro, già corteggiato dai centristi prima del voto, potrebbe essere l’anticamera dell’ingresso nel partito di quel che resta dei moderati rimasti nel centrosinistra.

La prima occasione di rivincita si avrà alle amministrative, quando i centristi proveranno a riaffermare la loro esistenza in vita. Nel centrosinistra, ad esempio, la candidatura a Catania di Emiliano Abramo, cattolico fuori dai partiti, potrebbe cementare un piccolo mondo di moderati orfani. Quei moderati che in un Paese arrabbiato non riescono più a far sentire la propria voce in mezzo a chi grida.


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