"Certificato per falso alibi": chiesta condanna di Santapaola jr - Live Sicilia

“Certificato per falso alibi”: chiesta condanna di Santapaola jr

Il processo è collegato al duplice omicidio di Angelo Santapaola e Nicola Sedici. Il figlio di Nitto è imputato assieme alla moglie.
LE RICHIESTE DEL PM
di
2 min di lettura

CATANIA – Avrebbe prodotto un falso certificato medico per potersi creare un alibi e quindi ‘smarcarsi’ dalle accuse di alcuni collaboratori di giustizia per il duplice omicidio del cugino Angelo Santapaola e di Nicola Sedici, ammazzati in un macello nel 2007. Enzo Santapaola, figlio del capomafia Nitto, e la moglie Vincenza Nauta rischiano una condanna per induzione in falso e favoreggiamento. Il pm Rocco Liguori, oggi, ha esaminato le prove a carico dei due imputati e ha chiesto al gup Stefano Montoneri una pena di due anni e mezzo a carico di Santapaola jr e di due anni per la consorte. Sono cominciate anche le arringhe dei difensori, che si completeranno nella prossima udienza.

Riavvolgiamo il nastro. Il procedimento in corso è collegato all’inchiesta Thor che ha portato Vincenzo Santapaola alla sbarra come mandante del caso di lupara bianca. Per il duplice omicidio è stato già condannato, con sentenza definitiva, il capo finanziario del clan Enzo Aiello. Ed è proprio in quel processo che il figlio del ‘capo dei capi’ di Catania ha presentato la certificazione ritenuta falsa dalla magistratura.

Santo La Causa, in quel dibattimento, ha raccontato che tra le persone presenti alla riunione organizzata a Ramacca per incontrare Angelo Santapaola, in quel giorno d’autunno del 2007, fosse presente anche il primogenito del capomafia catanese. 

Vincenzo Santapaola, anche se non imputato, ha prodotto, proprio per smentire le dichiarazioni dei collaboratori, documentazione medica, rilasciata dal Pronto Soccorso dell’Ospedale “Vittorio Emanuele” di Catania (con data 3.12.2015) “in cui si dava atto che il 26 settembre 2007 si era presentato all’ospedale di via Plebiscito poiché affetto da colica addominale”.

La polizia giudiziaria ha svolto degli accertamenti: così è stato scoperto che che i registri del Pronto soccorso presentavano evidenti alterazioni. Precisamente gli investigatori hanno rilevato che il cognome e la data di nascita di Santapaola sarebbero stati sovrascritti ai dati relativi ad altro paziente, che si chiama Vincenzo, ma è residente in una cittadina etnea. Gli inquirenti hanno anche interrogato il “vero” malato, che ha confermato il ricovero del paziente il 26 settembre 2007. Per l’accusa dunque la certificazione medica alterata sarebbe servita a creare un falso alibi per il giorno dell’omicidio. 


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI