Chiesto l’ergastolo per Russo| Uccise la figlia di 12 anni

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25 Ottobre 2017, 05:42

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CATANIA. Sono durissime le richieste di pena del pubblico ministero Agata Santonocito per Roberto Russo, che nell’agosto del 2014 ha tolto la vita alla giovane figlia Laura, di appena 12 anni. Ergastolo, un anno di isolamento diurno, decadenza della potestà genitoriale ed esclusione del riconoscimento delle attenuanti generiche. Ad aprire l’udienza è proprio l’imputato, che rilascia nuove dichiarazioni spontanee. Russo ribadisce ancora una volta di non ricordare nulla di quella notte. “Non mi do pace per quello che è successo – dichiara in aula – Sono addolorato perché amavo le mie figlie”. Ma per l’accusa non ci sono dubbi sulla piena capacità di intendere e di volere dell’imputato, che avrebbe agito per punire la moglie che lo aveva lasciato. E’ lo stesso Russo, evidenzia la pm, a dirlo durante l’udienza di convalida davanti al gip. L’accusa in aula ricostruisce dettagliatamente, in poco più di un’ora di requisitoria, il rapporto tra Roberto Russo e la moglie. E poi i momenti più drammatici, i giorni e le ore che precedono l’omicidio. Un racconto forte che non lascia indifferente lo stesso pubblico ministero, che si commuove. Per la Santonocito l’imputato, mentre agiva, comprendeva perfettamente il disvalore dell’azione che stava compiendo. Nonostante ciò non si è fermato e ha portato a compimento il proposito criminoso.

 

Stesse conclusioni per il legale Giuseppe Lo Faro, in rappresentanza della madre della vittima. Per il difensore di parte civile il delitto non sarebbe caratterizzato da dolo d’impeto, bensì da dolo di proposito. Il disegno criminoso sarebbe sorto e si sarebbe via via rafforzato fino al momento della sua attuazione. Gli stessi periti, dice in aula Lo Faro, avrebbero evidenziato come non sia sorto all’istante. Ogni comportamento di Russo sarebbe contraddistinto da una logicità, da un’organizzazione e da una sua finalità. Anche per il legale l’imputato ha agito con piena capacità di intendere e di volere. Voleva uccidere le proprie figlie per un motivo abietto: castigare la moglie. Un proposito attuato, tra l’altro, nel modo più efferato possibile. Ciò, sempre per il difensore di parte civile, sarebbe dimostrato dal biglietto scritto dall’uomo, dalla ricerca dei coltelli, dalla volontà che le figlie trascorressero la notte da lui e che dormissero con lui, nel proprio letto. Per l’avvocato non sarebbe casuale la scelta delle figlie. Da una parte in loro avrebbe rivisto la moglie, dall’altra sarebbero state proprio le figlie a rivelare alla madre il tradimento del padre. Sarebbero state dunque le artefici involontarie della crisi coniugale.

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Contrapposta la tesi del difensore dell’imputato, Mario Brancato. Per il legale, che ha contestato i risultati delle due perizie, Roberto Russo avrebbe agito con totale mancanza di capacità di intendere e di volere. Chiesta per questo l’assoluzione per difetto di imputabilità. L’insonnia di cui soffriva, l’uso di Xanax e la ludopatia, anche se quest’ultima non avrebbe avuto una valenza determinante, evidenzierebbero i disturbi dell’imputato. In subordine l’avvocato Brancato ha chiesto il riconoscimento del vizio parziale di mente. Il caso in questione rientrerebbe nella sfera del cosiddetto suicidio allargato. Chieste infine le circostanze attenuanti generiche, considerata la condotta di vita precedente dell’imputato.  La Corte d’Assise di Catania, presieduta da Maria Concetta Spanto, pronuncerà l’attesa sentenza il 30 ottobre. 

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25 Ottobre 2017, 05:42

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