Ciancimino si difende: “L’esplosivo| non poteva essere innescato”

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13 Marzo 2012, 16:15

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L’esplosivo c’era, era vero, ma non così pericoloso. Sarebbe questo il contenuto della consulenza di parte depositata al procedimento contro Massimo Ciancimino e l’amico Giuseppe Avara. La relazione tecnica, infatti, sottolineerebbe come l’innesco dell’ordigno non fosse possibile in via incidentale. Insieme alla perizia i legali di Ciancimino hanno anche depositato le lettere di minacce che, nell’arco degli ultimi 4 anni, sono arrivati al figlio dell’ex sindaco di Palermo, testimone nel processo al generale Mori e nell’inchiesta sulla “trattativa”. Compresa quella “allegata” all’esplosivo, consegnata a casa del suocero a Bologna, insieme a una foto di suo figlio. Il suocero, tra l’altro, versava in cattive condizioni di salute, e questo avrebbe portato Massimo Ciancimino a non presentare subito la denuncia, in quanto impegnato nell’assistenza del parente. Le intenzioni del gesto, secondo l’indagato, erano quelle di fare interrompere la sua collaborazione con i magistrati di Palermo.

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I pm della procura, Nino Di Matteo e Paolo Guido, hanno chiesto un termine per analizzare i documenti e fare le loro valutazioni. Il processo è stato rinviato al prossimo 27 marzo. Il legale del co-indagato, Giuseppe Avara, ha manifestato l’intenzione di chiedere per il suo assistito il rito abbreviato.  Sono ancora molti i punti oscuri di questa vicenda. Ciancimino e Avara, infatti, hanno dato diverse versioni rispetto al disfacimento di parte dell’esplosivo. Gettato in un cassonetto dei rifiuti in via Torrearsa, o in un’altra parte della città o in mare, dalle parti di via Messina Marine. Così come resta il dubbio se Giuseppe Avara sapesse cosa fosse contenuto nell’involucro che gli sarebbe stato affidato da Massimo Ciancimino.

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13 Marzo 2012, 16:15

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