16 Marzo 2013, 12:55
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CATANIA – Filippo Aprile, affetto da ipoacusia sin dalla nascita, racconta a Live Sicilia Catania la sua storia. Il pregio e il difetto di vivere in questa città forse ancora troppo sorda alle esigenze di chi con la sordità ci convive. E lo fa con la traduzione simultanea di Viviana Aprile, sua figlia e interprete Lis. La lingua dei segni italiana rappresenta, per chi è affetto da problemi all’udito, la lingua madre. E la seconda per logopedisti, familiari, insegnati e interpreti.
Filippo, ci può raccontare la sua esperienza?
Io e mio fratello siamo nati entrambi sordi da genitori udenti. Sin dall’inizio, la mia famiglia ha cercato scuole adeguate alle nostre esigenze: negli istituti pubblici non era possibile l’inserimento per mancanza di personale specializzato, così lasciai il paese in cui ero nato, San Michele di Ganzaria, per trasferirmi a Catania. Nel 1960 cominciai a frequentare l’istituto “Fratelli Gualandi”: iniziai a vedere i bambini che comunicavano attraverso i segni e fu quello un primo passo. Intrapresi un percorso scolastico che durò ben 11 anni: dalle elementari alle medie. Poi frequentai l’istituto d’arte statale con l’assenza dell’insegnante di sostegno e dell’interprete dato che ancora non vi erano molte leggi in materia. Ho messo le protesi cercando di mettermi in gioco per affrontare il mondo degli udenti. Dopo la maturità trovai lavoro, in qualità di assistente amministrativo, a scuola e lì cominciai il mio processo di interazione attraverso il contatto diretto con i miei colleghi.
Dal punto di vista strutturale, Catania è una città adeguata alle esigenze di chi è affetto da ipoacusia?
Ci sono vantaggi e svantaggi. Ad esempio, in un ospedale non è sempre semplice far capire l’insorgere di un mal di gola, tanto meno andare alla posta. Il trucco sta nel chiedere più volte affinché, alla fine, ci si comprenda. La nostra lotta quotidiana risiede proprio in questo. Negli incontri più aperti al sociale, al bar o in posti più abituali, la comunicazione invece appare più collaudata.
Ai politici locali e a chi si occupa di sociale cosa si sente di dire?
Sono consigliere provinciale della sezione catanese dell’Ente Nazionale Sordi. Noto che per aprire sportelli o potenziare servizi per noi occorre fare i conti con vari rinvii, spesso le iniziative difatti vengono sospese per mancanza di fondi. Per via del periodo di crisi, l’associazione sta cercando di gestire al meglio i contributi provenienti dai tesseramenti dei soci dato che, dalla Provincia, giungono spesso esiti negativi alle nostre richieste.
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16 Marzo 2013, 12:55