Civico: il reparto chiuso, la rabbia | “L’aereo è l’ospedale migliore”

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20 Ottobre 2017, 16:18

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PALERMO – Dopo l’invasione di formiche che ha causato dieci giorni fa la chiusura della terapia intensiva coronarica dell’ospedale Civico, tra i parenti dei pazienti ricoverati il malumore è il sentimento più diffuso. Molti sono furiosi. Qualcuno è rassegnato. Dalla direzione dell’ospedale buttano acqua sul fuoco e promettono che la prossima settimana tutto tornerà come prima.

I nove pazienti che erano ricoverati in terapia intensiva, dopo la scoperta delle formiche, sono stati trasferiti d’urgenza altrove. Alcuni sono finiti in Cardiologia o in Rianimazione. Gli altri negli ospedali disponibili. Al momento, però, il reparto resta chiuso. Dopo la disinfestazione sono partiti i lavori di manutenzione. Ma dalla direzione dell’ospedale tendono a sminuire. “Mi sorprende questo genere di attenzione”, dice il direttore generale dell’ospedale Civico, Giovanni Migliore. “La disinfestazione è stata conclusa in 48 ore, come promesso. A quel punto, dato che parliamo di un reparto di 15 anni, che richiedeva da tempo interventi di manutenzione straordinaria, si è deciso di approfittarne e prolungare la chiusura di qualche giorno. Abbiamo fatto di una difficoltà una opportunità. La prossima settimana il reparto sarà riaperto”.

Risposte che non sembrano soddisfare gli utenti. Perché intanto “il disagio c’è stato, trasferire i pazienti dalla terapia intensiva non è una cosa da poco”, fa notare Giovanna Di Pasquale. La sala d’attesa del reparto di cardiologia del Civico è affollata. I parenti aspettano che arrivi l’orario delle visite per entrare. Nessuno di loro ha vissuto l’episodio delle formiche in prima persona, e per questo tirano già un sospiro di sollievo. Tutti sanno benissimo di cosa si parla, ognuno si è fatto la propria idea. “La vera domanda è: come ci sono arrivate lì le formiche?”, si chiede Clelia Camilleri.

A risponderle sono le parole del direttore sanitario aziendale, Rosalia Murè: “Noi facciamo interventi di disinfestazione continui, per evitare episodi del genere. Nel caso specifico, gli interventi fatti da gennaio a oggi, circa 18, non avevano ottenuto il risultato voluto perché svolti con i pazienti all’interno del reparto. Abbiamo deciso allora di fare un intervento più profondo e di sospendere l’attività. Può capitare, anche in altri ospedali è successo”.

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“Può succedere ovunque, ma non dovrebbe succedere”, sbotta Teresa Busalacchi, insegnante di educazione fisica. Anche lei è in sala d’attesa e aspetta il suo turno. Occhiali scuri sul volto, non ha molta voglia di parlare. Poi piano piano, qualcosa dentro si rompe e nasce lo sfogo: “Chi dovrebbe controllare non controlla mai, si va avanti così e se ne parla solo quando capitano episodi spiacevoli come questo. Anche a scuola accade lo stesso. Occorre che ognuno faccia il suo dovere e non si coprano le responsabilità. Forse siamo noi a essere rassegnati, non protesta più nessuno. Ci vorrebbe un po’ più di buon senso”.

Nel dialogo si inserisce un altro parente, Giovanni Taormina. Ci tiene a dire la sua. “Il vero problema della sanità siciliana è la politica, che sceglie i manager. E poi la mancanza di personale, dai paramedici ai medici che spesso sono costretti a lavorare in altre regioni”. “Purtroppo in Sicilia le cose vanno così”, aggiunge con un fondo di sfiducia Pietro Ganci. Insieme alla mamma Vincenza, aspettano che dimettano il papà: “Ci hanno detto di correre, ma adesso non ci fanno salire. Aspettiamo i risultati di alcuni esami”. Nella sanità siciliana i nodi da sciogliere sono tanti. C’è chi parla dei pronto soccorso, in cui “i medici sono come sul fronte di guerra”. E chi lamenta le lunghe liste d’attesa per un intervento. L’episodio delle formiche però, mette d’accordo quasi tutti.

A pensarla così sono anche Mirko e Antonella Aureli, una giovane coppia sposata. Passeggiano nervosamente in sala di attesa.“Non si tratta di una cosa normale”. Ma poi sospirano che “ci dobbiamo adeguare, ma almeno ci consoliamo del fatto che non succede solo da noi”. Claudia Accardi, invece, a rassegnarsi proprio non ci sta. Per poco non ha vissuto l’esperienza delle formiche in reparto in prima persona. “Quando mio marito è stato trasferito il reparto era già semichiuso, la vicenda era già nota”. Il giudizio però resta molto negativo: “Cosa vuole che ne pensi? È un problema di cattiva gestione. A 20 metri c’è una eccellenza, l’Ismett, che mostra come la sanità in Sicilia possa funzionare”. Qualcuno le fa notare che lì la gestione è americana. Protesta: “Allora siamo un popolo incapace di gestire i fondi pubblici. Siamo senza speranza. Gli amici mi dicono che l’ospedale migliore resta l’aereo. Per me che pago le tasse è una battuta insopportabile”. 

Ma tra i parenti in attesa, c’è anche chi va controtendenza. Come Sergio Accardi. Posa per un attimo il libro che stava sfogliando e parla di “esagerazione”. “Le formiche in fondo non portano infezioni. Chiudere un reparto mi sembra esagerato. La burocrazia sta travolgendo tutti”.

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20 Ottobre 2017, 16:18

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