Il libro mastro delle estorsioni |Le accuse a boss e imprenditori - Live Sicilia

Il libro mastro delle estorsioni |Le accuse a boss e imprenditori

Tariffe del pizzo, minacce alle vittime e violenza per riscuotere i crediti. I retroscena dell'inchiesta Enigma, che ha sventrato il potere mafioso dei picciotti di Nuccio Mazzei.

CATANIA – Agenzia pubblicitaria, autoricambi, rivenditore di barche e anche un panificio. Queste alcune delle aziende elencate nel libro mastro della cosca Mazzei sequestrato dalla Squadra Mobile durante una perquisizione a casa di Costantino Grasso alla fine del 2012. E’ lui, infatti, secondo la polizia il capo, insieme al reggente indiscusso del clan Nuccio Mazzei, della squadra di Lineri dei “Carcagnusi” specializzata nel racket delle estorsioni. E’ questo il carburante dell’inchiesta che ha portato ieri a smantellare il sistema e ad assicurare alla giustizia anche 9 imprenditori che invece di pagare gli “avvocati” avrebbero assoldato i “picciotti” della frazione di Misterbianco per “riscuotere i debiti”.

Libro mastro sequestrato

Grasso, con una grafia ordinata e precisa, segnava tutto in un block notes: costi e ricavi. Partiamo dalle entrate: il 3 dicembre del 2010 l’agenzia pubblicitaria (identificata come Arte) avrebbe versato 1050 euro, così il 1 gennaio 2011 e il 4 aprile 2012. Tariffa più bassa per il rivenditore di barche e l’autoricambi: 500 euro sarebbero stati riscossi a dicembre del 2010, a fine del 2011 e aprile del 2012. Compare solo una volta il panificio, magari è un nuovo “cliente”: 250 euro intascati ad aprile 2012. Solo grazie ad un attento metodo di decriptazione (da qui il nome del blitz Enigma) gli investigatori sono riusciti a identificare le vittime e ad arrestare in alcuni casi gli esattori con la somma del “pizzo” in tasca. Così è stato per Domenico Grasso, beccato con i 1050 euro appena incassati dall’agenzia pubblicitaria della zona pedemontana. Una estorsione, che dalle risultanze investigative si era protratta per almeno 8 anni. La cadenza del pagamento era trimestrale.

L’estorsione al rivenditore di autoricambi sarebbe antecedente al 2000. Costantino Grasso, Francesco Renda, Giuseppe D’Agostino e Roberto Malerba (arrestato in flagranza) – si legge nei capi d’imputazione – avrebbero attraverso minacce costretto il titolare a versare prima un milione di lire, poi diventati 500 euro, al fine di aver garantito il “quieto vivere” e poter continuare a lavorare in tranquillità. L’estorsione sarebbe continuata anche dopo il 2008 quando il titolare della ditta è deceduto e si sarebbero rivolti all’amministratore che è subentrato.

“O ci dai diecimila euro o bruciamo tutto”. Questo il contenuto di una lettera minatoria anonima che sarebbe stata fatta recapitare al rivenditore di barche. Una minaccia che sarebbe stata trasformata in un’estorsione da versare nel periodo natalizio a titolo di “protezione”. Una quota che sarebbe stata intascata almeno da 7 anni.

Quello che compare nei “pizzini” del libro mastro come un panificio, altri non è che una pizzeria costretta a versare 200 euro al mese. Pizzo pagato, secondo l’accusa, dal 2007 fino al 2013.

Le uscite appuntate nel libro mastro

Come un bravo gestore della “pignata” (così è definita la cassa comune) Costantino Grasso appuntava con precisione anche le uscite di denaro. Il 17 maggio 2010 – scrive – di aver consegnato 350 Euro per G. Chiaro, in questo caso, il riferimento al versamento di somme che dovevano servire per il mantenimento delle famiglie dei detenuti del clan. Singolare la nota datata 24 dicembre 2010 dove annota l’acquisto in due tranche di alcuni panettoni, una prima spesa di 100 euro e un’altra di 400 euro. In questo secondo caso era anche specificata la motivazione: il dolce natalizio era da consegnare a N.U., altri non era che Nuccio Mazzei.

La squadra di Lineri dei Carcagnusi è formata, oltre che dal capomafia Nuccio Mazzei per le direttive e dal vertice organizzativo Costantino Grasso, da Salvatore Cosentino, Andrea Cutuli, Giuseppe D’Agostino, Domenico Grasso, Alfio Grazioso, Roberto Malerba e Renda Francesco. A loro sono contestati i reati, oltre che di associazione mafiosa al clan Mazzei, di estorsione, usura, rapine, detenzione di armi, traffico di droga, riciclaggio, corse clandestine di cavalli e scommesse clandestine.

I Mazzei sarebbero la nuova agenzia di “recupero crediti” della mafia. Gli imprenditori diventano motore per foraggiare le casse delle organizzazioni mafiose. I “carcagnusi” vengono “ingaggiati” per andare a riscuotere i debiti non saldati dai commercianti magari in cattive acque e senza liquidità. Uno degli imprenditori indagati (al momento irreperibile perchè all’estero) avrebbe assoldato Salvatore Salamone e Costantino Grasso per farsi pagare una fornitura da un esercente: dietro minacce la vittima avrebbe sborsato 3000 euro, come pagamento parziale del credito vantato dall’imprenditore colluso ed ora accusato di concorso esterno.

L’imprenditore Antonio D’Amico avrebbe chiesto i servigi direttamente al capo Costantino Grasso: la vittima della provincia di Ragusa, non avendo contanti a disposizione, ha dovuto consegnare un macchina per spruzzo di intonaci del valore di quasi sei mila euro e una moto Yamaha 1100. Un altro debitore sarebbe stato costretto a versare 8000 euro.

Giuseppe Chinnici, altro presunto imprenditore colluso, avrebbe contattato i taglieggiatori dei Carcagnusi, che presentandosi con il cartellino di “mafiosi” hanno messo con le spalle al muro il titolare di un’azienda che ha iniziato a versare 250 euro al mese per poter saldare il debito totale di 12.500 euro.

“Se non ci dai i soldi ti mandiamo all’ospedale, e poi i soldi li possiamo chiedere ai tuoi figli”. Questa la minaccia ricevuta da un presunto debitore di Gaetano Sciacca e Antonino Giuffrida (entrambi ai domiciliari). Le intimidazioni dovevano servire a costringere l’uomo a “restituire” la somma di 100 mila euro.

“Se non paghi ti finisce male”. Usa la forza Costantino Grasso, che come dimostra un’intercettazione è un tipo senza scrupoli pronto a usare la violenza pur di ottenere i soldi dalle vittime. Questa volta il suo lavoro ha come scopo quello di recuperare il credito vantato da Serafino Panassidi. La vittima avrebbe pagato a copertura del debito 500 euro al mese da ottobre 2012 a maggio 2014. Se non avesse accettato? Rischiava anche di vedersi rubata l’autovettura.

Finisce nel mirino dei Mazzei anche un “compro oro”. Per far capire che i Carcagnusi non scherzano nella gioielleria vengono messi a segno due colpi, in uno dei due il bottino supera il valore di 40 mila euro tra contanti e preziosi rubati. Ad un certo punto si presentano in quattro dal commerciante e senza mezzi termini lo avvertono che era meglio pagare 5000 euro. Non pagare significava altre rapine e altre perdite. “Se vuoi stare tranquillo hai bisogno della mia protezione” – è la chiara intimidazione.

 

 


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