Clan Santapaola, cimici in carcere |Così hanno incastrato i nuovi boss - Live Sicilia

Clan Santapaola, cimici in carcere |Così hanno incastrato i nuovi boss

Usura, pizzo e la gestione della security nei locali della "Catania Bene". Le rivelazioni degli inquirenti.

CATANIA – Il boss comandava dal carcere. Non un boss qualunque, ma il killer ergastolano Maurizio Zuccaro, accusato di essere uno degli organizzatori dell’omicidio di Luigi Ilardo, confidente che voleva far arrestare Bernardo Provenzano.

Sullo sfondo c’è una storia di mafia lunga quasi quarant’anni e il dominio della famiglia Santapaola con il controllo – tra le numerose attività economiche – della security dei locali più importanti della “Catania Bene”, in questo caso della Vecchia Dogana, un immobile storico adibito a discoteca a pochi passi dal centro cittadino.

E lì – i gestori della discoteca sono parte lesa – si svolgevano summit per mettere d’accordo i clan e stabilire chi doveva vigilare sugli ingressi, per conto di due famiglie: gli Zuccaro e i Cappello. Una discoteca dove qualche anno fa, per sedare gli animi dopo una serata ad alta tensione, sono partiti un paio di colpi di pistola.

DI PADRE IN FIGLIO – Registrando i colloqui detentivi gli investigatori annotano i nomi che scottano nella famiglia di San Cocimo, quella che fa riferimento a Zuccaro e si incastona nel quartiere cerniera tra la via Vittorio Emanuele e San Cristoforo. Rione dove spopola, da tempo, un cantante neomelodico che tutti conoscono come “Andrea Zeta”. È il figlio di Zuccaro, ma si chiama Filippo. Molto gettonato nelle serate popolari e nei teatri, ma la sua voce agli investigatori serve per comprendere cosa stia accadendo nella consorteria in una fase di transizione delicata, per questo la Mobile piazza un microfono nascosto in una cimice.

In carcere, mentre parla col papà recluso, “Andrea Zeta” “canta” sottovoce, e svela alcuni affari. “Quella persona, quella che era – dice il neomelodico – mi aveva detto a gennaio, siccome stiamo facendo una cosa grossa, un ristorante, mi ha detto: <Li hai 200 mila euro?>. Duecentomila euro, papà, gli ho detto: quaranta, questo si può fare. Come glieli diamo? Fino a quaranta glieli abbiamo dati sempre in passato”. E il boss fa riferimento al passato: “Gli abbiamo dati dice Maurizio Zuccaro – per là”. A questo punto il cantante sorride e rimette la decisione dell’investimento nelle mani del padre. “O ne ha uno o ne ha tre, però mi sembrano troppi in questo modo, secondo me. Però, papà, tu lo devi dire!”.

“No!”, risponde il boss. Dalla conversazione emerge che si tratta di un “prestito”, devono stabilire il tasso, “tu prima gli dici col dieci”, ammonisce il capomafia. Negli incontri successivi parlano della quota di interessi percepita, “5mila euro”. Sarebbe il 10% mensile di interessi usurari che la Procura contesta al fratello di Filippo, Rosario, che gestiva, attraverso Michela Gravagno, moglie del re della movida Alex Scardilli, estraneo alle indagini, anche un ristorante nel borgo marinaro di San Giovanni Li Cuti, in riva al mare.

IL BRACCIO DESTRO – Con le cimici in carcere gli investigatori hanno documentato il ruolo apicale rivestito da Luigi Gambino detto “Gino u longu”, già esponente del clan Cappello, nel gruppo di Zuccaro. In una conversazione Gambino spiega a Giuseppe Verderame, suo strettissimo collaboratore, di avere rassicurato Angelo Zuccaro sulla sua fedeltà al padre inducendolo al contempo a diffidare di altri sodali, tra i quali c’è Angelo Testa, pronti a passare nel clan Cappello Bonaccorsi.

“Gli ho detto a tutti quanti – dice Gambino – <io sono Maurizio! Chi ci vuole stare, che non ci vuole stare a me non interessa! Dovete parlare con me!>. Glielo ho imposto a tutti, tu non c’eri”. A uno dei figli di Zuccaro, Rosario, Gambino dice alcune frasi che gli inquirenti ritengono rilevanti: “Gliel’ho detto a Rosario – racconta il fedelissimo del boss – <tu devi venire con me, perché io sono tuo papà! Io sono tuo padre! Lo vuoi capire o no? Mettiamoci con tuo fratello, mettiamoci con quelli, io, per dire, non l’ho detto mai mettiamoci con Cappello”.

FEDELI AL BOSS – Rosario, il figlio del boss, avrebbe detto a Gambino: “Luigi, io ti dico una cosa, lo sai, io ti voglio bene, tu hai camminato sempre dritto. L’unica cosa è che tu hai i tuoi buoni motivi, è il fatto che Franco lo Sceriffo (Francesco Ragusa, ex affiliato ai Cursoti ndr) lo hai aiutato in tutti i modi”. Gambino continua a riferire le parole di Zuccaro a Verderame: “Ora ti dico una cosa, che resti tra tutti e due, come esce mio padre, tu ti siedi con lui, vedi che te lo sto dicendo che nemmeno te lo dovevo dire…come esce mio padre ti siedi con lui e tu parli con mio papà, sapete quello che vi dovete dire tutti e due”. Adesso in 14 tra boss e presunti affiliati, sono finiti in manette.


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