Asse della coca Palermo-Bogotà | Una raffineria a Falsomiele

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30 Agosto 2016, 13:58

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PALERMO – Palermitano di origine, residente a Salemi e capace di organizzare un ponte per la cocaina fra la Colombia e la Sicilia. Così Giuseppe Palermo viene descritto dall’indagine dei carabinieri del Ros e del Nucleo investigativo di Trapani, coordinati dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Teresa Principato e dal sostituto Pierangelo Padova.

Palermo è una delle ventuno persone che i pubblici ministeri avrebbero voluto arrestare. Per lui è scattato l’obbligo di dimora. Della presunta associazione che avrebbe guidato farebbero parte Giuseppe Baldo Benenati e i fratelli Michele e Gaetano Gregoli, figli di Salvatore, esponente del clan mafioso palermitano di Santa Maria del Gesù.

Tra l’estate del 2012 e il gennaio 2013, il gruppo avrebbe importato dalla Colombia e venduto in Sicilia grosse quantità di cocaina. Traccia concreta della loro attività è stata trovata in un magazzino nella zona di via Falsomiele, a Palermo, dove i carabinieri hanno scoperto una piccola raffineria di droga e una piantagione di marijuana. Il sequestro è avvenuto tre anni fa, ma solo ora si può inquadrare in un contesto molto più ampio.

Le indagini partono il 30 settembre del 2012 quando Palermo fa rientro in Sicilia da Bogotà. Nei giorni precedenti gli investigatori avevano ricostruito alcuni passaggi di denaro. I Gregoli avrebbero fatto giungere, attraverso dei money transfer, 7 mila e 500 euro a Palermo. Ad attenderlo in aeroporto, a Punta Raisi, c’è un componente della famiglia Gregoli. Pochi giorni dopo sbarcano in città quelli che gli investigatori definiscono “corrieri”. Si tratta di Juan Carlos Suaza Lizcano e Luis Guillermo Alvarado.

Hanno appuntamento al Foto Italico con Benenati ed Emanuele Saglimbeni che li accompagnano in un giardino fra vicolo Di Gregorio, via Falsomiele e via Valenza nella zona di Falsomiele. Ed è lì che Palermo avrebbe stretto il patto per l’arrivo di un carico di cocaina il successivo 5 ottobre. “… te l’aspettavi che combinavo tutto questo casino, colombiani…”, spiega Palermo a Benenati, aggiungendo: “… io te lo avevo detto a te. Giuseppe, trova qualcuno, tu t’annacasti, che cazzo vuoi…”.

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Poi, Palermo fa riferimento all’importazione di cocaina in forma liquida: “…aspetta quello che ora la deve mandare liquida, perché c’è Camillo, e adesso c’è un altro ragazzo, che è in società con Camillo, questi di qua non spuntano più infatti… José ieri mi ha telefonato e mi ha detto ‘quando me li mandi il resto dei soldi?’”. Ci sarebbero, dunque, altre persone interessate all’affare.

Nel giardino oltre a Palermo ci sono Saglilmbene, Benenati e i fratelli Gregoli. Una serie di sms, secondo gli investigatori, testimonierebbe l’acquisto di tutto l’occorrente per raffinare la droga. Il 14 marzo 2013 i carabinieri fanno irruzione in un casolare distante appena 250 metri dal giardino. Arrestano in flagranza di reato Michele Gregoli. Nel magazzino c’è una serra di marijuana, 80 grammi di cocaina, 24 di eroina, e tutto ciò che serve per lavorare la droga: “Ah, aspetta, l’acetone non l’ha portata un’altra bottiglia che ha questa? sta attento scoppia sta cosa? Ah, questo pure l’ha preso, a posto, va”.

In un’altra conversazione emergerebbe l’esigenza di Palermo di piazzare subito della roba. Così dice Palermo a Benenati: “… allora, tu, appena arriviamo a Salemi, mi devi fare la cortesia, devi andare a prendere i 100 e me li porti a casa, che già c’è uno che se li vuole…”. E si ragiona sui futuri affari: “Se ce la facciamo cucinare qua, come già gli ho detto, io già gli ho detto il piano e tutte cose predisposte per la cosa, se gliela faccio cucinare qua, santa Madonna se prima non ci danno 50 mila euro e a me pure 50 mila euro…”. Cocaina, ma anche marijuana: “Peppe, se ti sto dicendo che 10 chili se li prendono subito… 25000 euro ci contano…”.

 

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30 Agosto 2016, 13:58

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