26 Giugno 2017, 00:11
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TRAPANI – Il quorum fa calare il sipario sulle pazze elezioni di Trapani: nessun vincitore in una competizione che ha condensato in un mese continui colpi di scena. Una campagna elettorale giocata su due tavoli della politica e della giustizia e con un unico candidati superstite in campo: Piero Savona, candidato del Partito democratico che non è riuscito a convincere la metà più uno dei trapanesi aventi diritto a recarsi alle urne.
Il primo fulmine si schianta sul cielo sereno di Trapani il 18 maggio: Antonio D’Alì, senatore di Forza Italia, ha appena depositato le tre liste a sostegno della sua candidatura a sindaco quando gli viene notificata la richiesta di soggiorno obbligato formulata dalla Procura di Palermo sulla base delle motivazioni della sentenza di secondo grado che lo aveva visto assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per quanto riguarda gli avvenimenti post 1994. D’Alì vola a Roma e dopo un colloquio con Silvio Berlusconi decide di rimanere in campo. A distanza di 24 ore arriva la bomba giudiziaria su Mimmo Fazio, un altro big della politica trapanese. L’ex sindaco e deputato regionale, anche lui in gara per il ritorno a Palazzo D’Alì, sede del Comune, è destinatario di una ordinanza d’arresto ai domiciliari e viene bloccato a Brescia, dove si è recato per assistere alla gara del Trapani Calcio: l’accusa è di corruzione nell’ambito di una inchiesta sui trasporti marittimi che riguarda l’armatore Ettore Morace, proprietario di Liberty Lines.
Seguono giorni convulsi, ma Fazio viene rimesso in libertà e riprende la sua campagna elettorale fino a centrare il ballottaggio con Savona: il 31,8 per cento dei trapanesi votanti dà il suo consenso all’ex sindaco, il 26,2 per cento a Savona. Restano fuori dai giochi D’Alì, soltanto terzo, il grillino Marcello Maltese, nonostante l’arrivo a Trapani di Beppe Grillo, e l’indipendente Giuseppe Marascia. Nei giorni successivi ancora un colpo di scena: Fazio annuncia in conferenza stampa l’intenzione di restare formalmente in campo per il secondo turno ma invita i suoi sostenitori a non votarlo: “Non potrei amministrare la città con la serenità che merita”, è la spiegazione. A una settimana dal voto, però, emerge la vera strategia: non presentare la squadra di assessori e decadere dal ballottaggio, costringendo Savona a una rincorsa impossibile e aprendo la strada al commissariamento della città.
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26 Giugno 2017, 00:11