11 Novembre 2019, 05:58
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PALERMO – Pochi incassi, tanti evasori e il comune di Palermo rischia, ancora una volta, di finire in deficit strutturale. Scatta un nuovo allarme a Palazzo delle Aquile e riguarda non solo la situazione finanziaria del capoluogo siciliano, che non è di certo rosea, ma soprattutto il pericolo di risultare in deficit anche per il 2019 con effetti, tutti negativi, che si sentirebbero nel 2021. Un’eventualità non scontata ma sicuramente probabile, almeno a leggere la relazione trimestrale chiesta dal consiglio comunale e redatta dalla Ragioneria generale.
Un documento che Sala delle Lapidi ha fortemente voluto proprio per evitare quello che è accaduto quest’anno, quando il Comune ha “scoperto” in sede di consuntivo di essere in deficit strutturale per il 2018. Una condizione dovuta allo sforamento dei parametri previsti dalla legge e che significa, in poche parole, avere nel 2020 un raddoppio delle tariffe dei così detti servizi a domanda individuale: musei, mense, cimiteri, impianti sportivi, mercati generali. Per non parlare del più serrato controllo imposto da Roma sulle spese per il personale.
Una spada di Damocle che rischia di pendere sulla testa dell’amministrazione anche nel 2021, e quindi per due anni di fila, se nel 2019 dovesse essere confermato il deficit. Nel documento firmato dal Ragioniere generale e richiesto dal consiglio comunale si mette nero su bianco che, a meno improvvise (e poco probabili) inversioni di tendenza dell’ultimo minuto, Palermo non riuscirà a restituire tutta l’anticipazione di tesoreria di quest’anno. In poche parole, quando un Comune non incassa quanto dovrebbe dalle tasse, per far fronte alle spese chiede un’anticipazione di liquidità su cui si pagano degli interessi e che va restituita entro l’anno.
Piazza Pretoria, al 4 novembre scorso, ha raggiungo una quota di anticipazione di 100,7 milioni di euro su un totale massimo di 107, 6 milioni, in pratica è arrivata quasi al limite. Il che significa che l’anticipazione a fine anno “non potrà essere restituita e dunque si registrerà un valore di segno negativo, anche ai fini del specifico parametro” che quindi verrà sforato per il secondo anno di fila. Il punto è che, fallito l’obiettivo dell’anticipazione, lo spettro del nuovo deficit dipenderà tutto dai debiti fuori bilancio che saranno approvati da qui a fine anno: gli uffici e il consiglio comunale dovranno fare le corse per evitare di sforare nuovamente anche questo parametro. Il risultato sarebbe infatti una nuova dichiarazione di deficit.
Ma perché il Comune ha tutte queste difficoltà di cassa? Il problema più grande sono i tributi: Palermo incassa troppo poco e troppo lentamente e, di conseguenza, paga la spese con eccessiva lentezza. Le imprese creditrici nei confronti di Palazzo delle Aquile sono oltre 900 e attendono la bellezza di 113 milioni di euro, con una tempestività che fino a marzo era di 41,35 giorni ma da aprile a giugno si è allungata a 60, a dispetto dei quasi 51 del 2018.
Il “buco nero” è, come sempre, quello della Tari. Confrontando i numeri progressivi del 2018 quelli del 2019, sui singoli mesi, tranne per aprile le caselle hanno tutte il segno negativo: 700 mila euro in meno a gennaio, quasi 1,8 milioni in meno a febbraio, 1,6 a marzo, 3,7 a maggio, 4,4 a giugno, 3,9 a luglio, oltre 4 ad agosto e settembre, 3 a ottobre. Ma il segno negativo è una costante anche per le altre tasse: l’Imu tocca il picco a giugno con – 1 milione rispetto al 2018, mentre l’Irpef fa segnare – 1,8 milioni a ottobre; per la Tasi le cifre sono molto più piccole, ma comunque tutte non positive (- 26 mila euro ad agosto). E ancora l’Icp (- 222 mila euro). Unica eccezione la Tosap, i cui incassi sono stati superiori di circa 300 mila euro.
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11 Novembre 2019, 05:58