“Con un rinvio a giudizio|dimissioni inevitabili”

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03 Aprile 2012, 17:15

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Chiede un codice etico per i partiti. E di una cosa è certo: “Nessun politico potrebbe evitare le dimissioni in caso di rinvio a giudizio”. Ventiquattr’ore dopo l’elezione alla guida di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, protagonista questo mese della copertina di I love Sicilia, affronta la vicenda che riguarda il presidente della Regione Raffaele Lombardo, per il quale giovedì è arrivato l’ordine del gip di formulare l’accusa di concorso esterno.
Alla luce dell’imputazione coatta, secondo lei, Lombardo dovrebbe dimettersi?
“Non conosco la situazione attuale del governatore. Ma in questi giorni ho detto una cosa: penso sia utile, e anche conveniente per tutti i partiti, dotarsi di un codice etico unico, condiviso da tutte le forze politiche. Come si è fatto a livello nazionale per il governo Monti, i governi devono trovare la stessa capacità di sedersi a un tavolo per redigere un codice chiaro. Solo una mossa del genere potrà restituire alla società civile un attaccamento forte alla politica. In questo momento c’è disaffezione”.
Ma le dimissioni, in questo momento, sono necessarie o no?
“Noi non siamo giustizialisti, ma certo il rinvio a giudizio di un politico – non mi riferisco a Lombardo in particolare, ma a chiunque – non può che portarlo alle dimissioni. Allo stato attuale, però…”.
Quindi è necessario un rinvio a giudizio?
“Lo ribadisco: non conosco la situazione di Lombardo, e tecnicamente non conosco le procedure. Ma, lo ripeto, il codice etico risolverebbe il problema a tutti livelli, non solo per quel che riguarda il governo regionale. Penso anche agli enti locali: quante amministrazioni comunali, quante amministrazioni provinciali meriterebbero il commissariamento per mafia? Quante aziende municipali sono in queste condizioni?”.
Se fosse lei a redigerlo, cosa metterebbe in questo codice etico?
“Se lo si fa per tutti si può essere più duri, come abbiamo fatto in Confindustria. Si può prevedere che anche con una semplice imputazione importante sia necessario dimettersi. Ma, appunto, è necessario che valga per tutti: non si può applicare in un partito e in un altro no. La questione morale deve appartenere a tutti, devono essere i Dieci comandamenti della politica”.
Qualche giorno fa, Addiopizzo ha detto che con l’esempio che arriva dalla classe politica è difficile convincere i commercianti a denunciare. Lei è un simbolo della rivolta antiracket: avverte la stessa difficoltà?
“Un’associazione datoriale come Confindustria o un eccellente movimento antiracket come Addiopizzo deve fare divulgazione della cultura della legalità. Noi non siamo forze di polizia: dobbiamo fare solo orientamento alle imprese. Poi un commerciante può decidere di fare qualsiasi cosa, anche di delinquere: ne risponderà all’autorità giudiziaria”.
Certo. Ma avverte questa difficoltà?
“La difficoltà sicuramente c’è sempre, ma non possiamo farci fermare dal primo ostacolo. Dobbiamo fare divulgazione, lo ripeto, e del resto Addiopizzo sa farlo benissimo”.
Un’ultima domanda, per restare alla specificità di Confindustria: se Raffaele Lombardo fosse un imprenditore, lo espellereste?
“Non mi faccia entrare nel merito. Lombardo non è un imprenditore, e per parlare nello specifico di queste cose dovrei leggere le carte”.

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03 Aprile 2012, 17:15

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