23 Novembre 2020, 05:02
3 min di lettura
CATANIA – L’ultima chiamata è verso Cuba, “servono medici e infermieri”. A tenere in mano la cornetta è la Regione Siciliana, al centro di uno scossone politico provocato dall’uscita degli audio del super manager La Rocca che chiede di “caricare” i posti letto di terapia intensiva sul sistema.
E mentre l’opposizione, regionale e nazionale, affila le armi contro l’assessore, ai piani alti della sanità c’è un enigma da risolvere, con urgenza: come creare posti letto senza personale. “Senza medici e infermieri”, spiega a LiveSicilia Riccardo Spampinato, sindacalista del Cimo, “non è possibile organizzare i reparti covid”.
Non si contano le offerte di lavoro senza risposta, l’ultima del Policlinico universitario catanese è di poche ore fa, con scadenza a 7 giorni: il 29 novembre 2020. Il Policlinico fa parte del colosso universitario che gestisce un dei principali centri covid della Sicilia orientale, il reparto dovrebbe lievitare, ma scarseggia il personale.
E la soluzione quale potrebbe essere? “Incentivare – sostiene il medico Raffaele Lanteri, dipendente del Policlinico e sindacalista Ugl – il personale che già lavora nel pubblico, magari evitando che vada in altre aziende a fine turno e invece dirottandoli nei reparti covid”.
La legge indica un monte ore settimanale massimo di 36 ore che possono arrivare a circa 48 ore con straordinari e orari di incentivazione per i medici e gli infermieri che lavorano in strutture pubbliche. “Moltissimi – spiega a LiveSicilia il medico Raffaele Lanteri, sindacalista Ugl – una volta ultimate le ore settimanali, vanno a lavorare in altre strutture pubbliche con una incentivazione economica che poi si ritrovano in busta paga”. Si tratta di un massimo di 12 ore settimanali. “Per esempio i rianimatori – continua Lanteri – vanno spesso a lavorare in altre aziende, stesso discorso per molti che operano nel 118”.
“Ci sono medici di prima esperienza che stanno lavorando nelle Usca – continua Lanteri – costano circa 200 euro a turno, se servono maggiori componenti di questi nuclei, perché non incentivare chi già lavora per il pubblico?”.
Lanteri punta poi l’attenzione sugli ospedali dismessi, sono 14 soltanto a Catania. “Più aziende sanitarie – aggiunge il medico Lanteri – potrebbero collaborare nella gestione di un pronto soccorso esclusivamente Covid, destinando personale da incentivare, creando una struttura sicura per coloro che ne hanno bisogno”.
Lanteri lavora nell’azienda universitaria che gestisce il Policlinico di Catania e l’ospedale San Marco. “Il primo novembre di ogni anno, molti 63enni e 65enni vanno in pensione, so che è brutto a dirsi, ma su base volontaria potrebbero anche tornare al lavoro, siamo in una situazione di grave emergenza, è come una chiamata alle armi”.
E ancora: “Chiediamo l’aiuto dei medici della polizia, dei carabinieri, dell’esercito”.
Ci sono medici che lavorano nell’amministrazione?
“No, ci sono medici che lavorano nelle direzioni sanitarie, alcuni potrebbero essere coordinare i protocolli di screening delle popolazioni e farebbero comodo alle popolazioni”.
Un altro professionista che lavora in primo linea è Riccardo Spampinato, direttore del reparto di odontoiatria per i diversamente abili e sindacalista Cimo. “La politica fatica a fare scelte impopolari – spiega a LiveSicilia – contro i posti letto covid nell’ospedale di Acireale alcuni hanno sollecitato anche l’intervento del Vescovo. Negli anni si è pensato a mantenere ospedali in piccoli territori”. Spampinato si riferisce a strutture che necessitano di personale specialistico, come per esempio il punto nascita di Bronte. “Fa 180 parti l’anno – continua il sindacalista Cimo – ma ci vogliono 3 anestesisti per farlo funzionare e si trova a 30 minuti da Catania”.
“Stanno aumentando gli infermieri e i medici positivi – conclude Spampinato – dovremmo chiederci perché i posti letto promessi non sono stati realmente aperti. Non vorrei che a Razza stiano facendo vedere i carri armati che non ci sono”.
Pubblicato il
23 Novembre 2020, 05:02