14 Agosto 2012, 16:21
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Fare il dialoghista di commedie brillanti può essere un lavoro che nasconde rischi inaspettati. Deve averlo pensato l’anonimo Franco Dal Cer, abituato a lavorare dietro le quinte dell’industria dei sogni, di fronte all’immane compito di restituire in traduzione l’originale tono ingenuo e scoppiettante alle battute dei film di Howard Hawks. Dalla sua prospettiva laterale non avrebbe, però, davvero immaginato di incontrare la Storia (esatto quella con la esse maiuscola): cosa diavolo intende Cary Grant quando, agghindato di tutto punto con una bella vestaglia piumata, dichiara beffardamente alla sua incredula interlocutrice di essersi scoperto improvvisamente gay? Già, cosa diavolo potrà mai significare gay? Come tradurre l’insolita espressione? Meglio lasciar perdere, avrà pensato Dal Cer. Ecco che allora all of a sudden, Cary Grant, nel film Susanna! (titolo originale: Bringing Up Baby) uscito nelle sale nel 1938, dichiara di esser diventato pazzo invece che gay come da originale. Appuntamento con la storia mancato, verrebbe da dire, dato che quello fu il primo film in cui sia stata utilizzata, nella storia del cinema e della cultura popolare, la parola gay con riferimento all’omosessualità. Non che l’omosessualità non esistesse prima del 1938: mancavano solo le “parole per dirlo” senza suonare offensivi.
La grande battaglia del movimento omosessuale è stata allora innanzitutto una battaglia semiotica, un “conflitto di definizione”: cosa è natura e cosa no? Cosa davvero significa uguaglianza? Come nominare le unioni fra persone dello stesso sesso? Matrimonio? Patto? Convivenza? E via dicendo. All’interno di questo universo conflittuale vogliamo leggere l’intervento di Rosario Crocetta a proposito delle “cripto-checche” che sarebbero invidiose della sua candidatura a presidente della Regione Sicilia. Cosa è una “cripto-checca”? Immediatamente la parola ricorda l’umorismo da caserma dei film di Pierino, le prese in giro da scuola media, la discriminazione finto-bonaria di chi irride con l’aria di volere pure risultare simpatico. D’altra parte, in più, il prefisso “cripto” (derivante dal greco con il significato di nascosto) ha una connotazione immediatamente parascientifica come se la definizione di volta in volta affibbiata allo sfortunato di turno avesse l’autorità di un’attestazione patologica precisa.
A questo punto si pone una domanda, perché mai un omosessuale dichiarato dovrebbe usare un epiteto ingiurioso e volgare per riferirsi all’universo omosessuale a cui lui stesso appartiene? Ecco che “cripto-checca” da accusa davvero fuori moda rivolta da una maggioranza con fare inquisitorio nei confronti di un singolo indifeso diventa strumento di esibizione identitaria della propria condizione di minoranza: io sono un vero leader perché non accetto di nascondere la mia identità sessuale anzi la assumo con orgoglio, allo stesso tempo, prendendo posizione contro i presunti invidiosi (stereotipica passione gay!) finti-leader che, non avendo il coraggio di assumerla pubblicamente, meritano di essere disprezzati con gli stessi metodi (volgari e violenti) che fino ad adesso si sono combattuti.
Con il risultato collaterale di alimentare (e forse anche implicitamente legittimare) la catena di stereotipi che nel conflitto di definizione della questione omosessuale sono la vera posta in gioco.
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14 Agosto 2012, 16:21