Covid divide ‘padani’ e ‘terroni’ | Questa Italia non s’è desta…

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31 Maggio 2020, 13:56

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 Magari ci avevamo pure sperato. Hai visto mai? Almeno – l’abbiamo pensato davvero – vedrai che questo dolore ci renderà più uniti. Se c’è una catastrofe come il Coronavirus, è necessario stringersi: distanziamento dei corpi, vicinanza delle anime. Sì, dolore, come non l’avevamo mai conosciuto, a due passi, in una tragica esperienza collettiva già reclutata dalla storia. Il dolore per l’avvio del dramma. Il dolore, scioccante, per le bare di Bergamo. La pena per chi muore e per chi soffre. Le telefonate con parenti e amici in Lombardia: “Come state? Noi siamo con voi”. E il cuore che si stringe in un silenzio impossibile da sillabare. Tutti sotto la stessa bandiera. Italiani, non per sentito dire, non soltanto quando gioca la nazionale.

Poi, la lastra trasparente della condivisione, che mostrava la compassione al suo interno, si è come incrinata. Ci siamo abituati all’indicibile. La paura è stata sostituita dal sospetto. E ci siamo reciprocamente smarriti. Ancora una volta.

Il cattivo esempio, come sempre accade, l’ha fornito la nostra politica, comprendendo nella definizione una fauna trasversale e variegata di alcuni rappresentanti del popolo. Sono stati i politici a valutare le lacrime e il rancore in termini di consensi. Dunque, hanno ripreso a tirarsi in faccia vittime e contumelie, incapaci di sintesi, inadatti al grandioso sforzo della costruzione di una comunità. Sulla scorta di una fase due dei rapporti umani, non per cinismo né protervia, ma per l’incontrollato dipanarsi della discussione, è tornato alla ribalta il nodo problematico che sempre ritorna, la viscerale separazione tra Nord e Sud.

Beninteso, i protagonisti della vicenda sono persone perbene e ognuno avrà avuto la sua ragione da esibire che qui non si giudica. Non sono nemmeno stati mossi da un preconcetto o da pregiudizi. Sta di fatto che, immancabilmente, per rappresentarla con trucida ironia, è riemersa la linea di frattura tra ‘padani’ e ‘terroni’. Il Covid, nella teatralità della contrapposizione, è apparso alla stregua di un occasionale pretesto.

Così è divampata la polemica sul ‘passaporto sanitario’ fra le regioni. Il sindaco di Milano, il mite Beppe Sala, è sbottato: “ “Vedo che alcuni presidenti di Regione, ad esempio quello della Liguria, Giovanni Toti, dicono che accoglieranno a braccia aperte i milanesi. Altri presidenti, non li cito, dicono che magari sarebbe meglio una patente di immunità. Qui parlo da cittadino prima ancora che da sindaco: quando deciderò dove andare per un weekend o una vacanza me ne ricorderò”.

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Christian Solinas, governatore della Sardegna, gli ha risposto per le rime. Il nostro Nello Musumeci si è vestito dei panni del conciliatore tra i litiganti. E non ha resistito alla tentazione del motto un po’ beffardo nel corso di un ragionamento più in generale, dai contenuti prudenti: “L’amico Sala se vuole venire in Sicilia, con piacere. Non gli chiederemo alcuna patente, neppure quella dell’auto”. Per amore del vero, l’intervento di Beppe, certamente suo malgrado, è apparso più incline verso una puntuta declamazione, solitamente aliena al personaggio. La cautela di Nello si è avvolta intorno a dei dubbi circa la sicurezza che non sono campati in aria.

Infine, pronunciando le rispettive parole d’ordine sono scese, robustamente, in campo le fazioni social, ben oltre lo scambio di opinioni e la volontà dei protagonisti, appunto. Ecco il dipanarsi incontrollato.

C’è chi ha espresso critiche puntute, ma corrette, all’uno o all’altro. C’è chi ha fatto irruzione nel dibattito con la cavalleria degli improperi e dei giudizi. E si sono registrati perfino trasferimenti di trincea, dalle rispettive file, accompagnate dal fragore dell’ira. I più accorti hanno dribblato la contesa, andando al nocciolo della questione: i viaggi infraregionali dal 3 giugno in poi e si sono misurati in aperto e rispettoso confronto. Una rarità. In filigrana, ‘la solita e sbagliatissima storia del pastore’: ‘padani’ da una parte, ‘terroni’ dall’altra, intorno a un tema serissimo che andrebbe affrontato con ben altra lucidità e con il dono della pacatezza.

Ma se la politica, la stragrande politica, spesso non offre uno sguardo in grado di raggiungere tutti, se dà l’impressione di dividersi in campanili, in ‘noi’ e ‘loro’, quando mai un popolo dovrebbe sentirsi unito?

Ecco perché stiamo ancora qui a raccontarla, con un sospiro e un senso di amarezza, quella solita storia di ripicche, indifferenza e sgarbi. Nemmeno il dolore ci ha cambiati. L’Italia non s’è desta.

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31 Maggio 2020, 13:56

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