09 Ottobre 2021, 05:41
2 min di lettura
Sono sciupate le facce dei medici. La pandemia ha scavato rughe profonde che si intravvedono sotto la mascherina. Sono diventati medici in tempo di pace. Erano attrezzati per svolgere la loro missione in tempo di pace. E hanno affrontato una spaventosa guerra che è scoppiata prima che qualcuno avesse il tempo di dichiararla. Le guerre trafiggono quelli che non uccidono, nel clima di morte che li circonda. Una cosa è curare, andando incontro al dolore che si cristallizza in esito, quando è obbligatorio andarci. Un’altra è vedere sacchi neri che escono in continuazione dai reparti. E dentro ci sono le persone.
Sono tirate le facce dei medici. Ma ieri, nell’avvio delle terze dosi alla Fiera del Mediterraneo, si sono rilassate. I vaccini rendono felici le persone che pensano e agiscono con cognizione di causa. I vaccini hanno, fin qui, evitato la catastrofe del Covid. Si tratta di un dato inoppugnabile che nessuna bufala potrà mai mettere in discussione.
“Abbiamo ripercorso quello che è successo, come in una specie di psicodramma – racconta il dottore Renato Costa, il commissario per l’emergenza Covid e padrone di casa -. Ho rivisto tanti amici. Ci siamo messi davanti al nostro tabellone e abbiamo rivissuto tutto. I momenti bruttissimi e quelli di sollievo. Abbiamo ricordato giugno, quando la variante Delta si è manifestata in Sicilia. Siamo in un momento importantissimo e dobbiamo continuare ad avere prudenza. Credo che entro ottobre apriremo ad altre categorie per la terza dose, dobbiamo correre”.
Si sono ritrovati i medici, mentre ognuno arrivava dal suo campo di battaglia. Un modo per dare alla tragedia profondità temporale e sentirsene un po’ meno schiacciati. Ecco che cosa è stato l’avvio delle terze dosi ai sanitari più esposti, all’hub della Fiera che è forse il luogo che meglio racconta l’accaduto. Dallo svago, all’oblio, alla trincea. Si sono messi l’uno accanto all’altro, per somministrarsi reciprocamente il vaccino. Poi si sono raccolti davanti al tabellone che narra l’andamento di una pandemia, come studenti per l’interrogazione finale. E hanno visto in effigie, per la prima volta, il dolore che hanno vissuto, forse provando sollievo.
Si sono guardati. Un ultimo cenno prima del commiato. Si conoscono da sempre. Hanno cominciato la strada accanto, studiando libri difficili con molte fotografie indigeste. Ed eccoli, tutti insieme. Giovani e meno giovani. Marinai di prima nomina e lupi di mare della corsia. Hanno condiviso la festa del vaccino e mancavano soltanto le pizzette, la Fanta e le patatine. Si sono abbracciati a distanza con la mano sul cuore. Sono tornati a casa felici, i nostri medici, con una bella musica danzante nelle orecchie. Se lo meritano.
Pubblicato il
09 Ottobre 2021, 05:41