19 Gennaio 2021, 06:16
3 min di lettura
PALERMO – Dopo chiusure, riaperture con restrizioni e misure anti covid, poi, ancora il semi lockdown, è ormai evidente non solo il disorientamento, oltre che il malessere, diffusosi tra i proprietari dei numerosi locali palermitani, ma anche l’urgenza di aiuti che possano far reggere il peso di una crisi e di un problema sempre più cogenti e necessitanti di interventi celeri e mirati.
“I ristori sono sufficienti per non chiudere l’attività, quindi per coprire le spese, ma non ci permettono di vivere. Oltre essere titolari dei locali, siamo persone con una famiglia e una vita privata”. Fabio Ciulla ha perso l’ironia e l’ottimismo: scudi utilizzati per difendersi fino a questo momento dalla battaglia. Anche su di lui è calato il velo dell’incertezza e della preoccupazione sul futuro. Per chi lo conosce, e ha seguito sui social i suoi divertenti video, sa quanto il noto proprietario del locale Il Siciliano abbia tenuto alto l’umore in questo periodo, adesso il vento è cambiato. “Aiutano l’attività ma non la nostra vita privata – ribadisce – ho iniziato ad attingere ai miei risparmi. L’ultimo ristoro, quello previsto per natale, è arrivato il 12 gennaio. Il primo l’ho ricevuto ad aprile e il secondo a novembre”. Per quanto riguarda i dipendenti, sono otto e in cassa integrazione. “Hanno ricevuto il pagamento di ottobre, poi novembre adesso manca dicembre”, dice Ciulla.
“Dopo il lockdown, per riaprire, ho acquistato il necessario per la sanificazione dei luoghi”, racconta il proprietario de Il Siciliano. Poi ha diminuito i tavoli da 100 a 66 coperti e affittato un magazzino per riporre quelli in eccesso. Insomma spese su spese per infine ritrovarsi tra le attività che devono restare chiuse. “Oggi ci dicono che abbassare la mascherina per bere e mangiare all’interno di un locale è ritenuto pericolo per la trasmissione del virus: potevano dirlo mesi fa. I locali da tempo sono chiusi ma i contagi aumentano lo stesso. Quindi siamo sicuri che il covid circola solo tra la movida? Nei supermercati dove si tocca tutto non c’è?”
“Il ristoro ricevuto per alcune imprese della ristorazione (molte attendono ancora i precedenti) è un’offesa nei confronti di uno dei settori più colpiti dalla crisi economica”. È il commento di Giuseppe Silvestri, titolare di un altro locale: il Cantavespri. L’importo promesso dallo Stato per dicembre è stato dato con ritardo. “Probabilmente con l’intento di coprire due mesi di perdite e danni” sostiene il giovane imprenditore palermitano. “Eravamo fiduciosi. Abbiamo atteso in silenzio, pensavamo che il ritardo fosse dovuto a un ricalcolo del criterio di ristoro. A breve tutti i colleghi non sapranno neanche come pagare i mutui. Quello che ci è stato dato non è un risarcimento, perché non basta neanche a coprire le spese di un’attività chiusa ma con costi fissi rimasti immutati. Prendere come riferimento aprile – aggiunge – per ristorare le pesanti perdite di dicembre e gennaio è offensivo. Oggi non parliamo più di danni causati da covid, ma di quelli generati da una cattiva gestione della situazione da settembre ad oggi. Paghiamo la mancanza di decisione nel dichiarare un lockdown. Siamo le vittime di un gioco di apri e chiudi che è stato letale per un settore che ha bisogno di programmazione. Chiediamo attenzione e rispetto – conclude – verso uno dei settori trainanti dell’economia italiana che a breve sarà definitivamente distrutto. Insieme ad alcuni colleghi, di concerto con le associazione di settore, pensiamo che sia necessario un lockdown per tutti”.
• “Si prova, ma nessuno va in scena”: quei giorni sognando il teatro
• I ristoratori ko: “Il nostro lavoro va rivisto”
• Agenzie di viaggio in ginocchio: “Siamo in un limbo”
• Gli alberghi chiusi e il centenario: “Avevamo superato la guerra…”
• L’allarme delle ludoteche: “Per noi niente ristori”
Pubblicato il
19 Gennaio 2021, 06:16