Dopo Fiumefreddo lascia Li Calzi | C'è l'area Lupo con Barbagallo - Live Sicilia

Dopo Fiumefreddo lascia Li Calzi | C’è l’area Lupo con Barbagallo

In serata incontro tra Raciti e il governatore: il deputato catanese di Areadem entra nel governo (IL RITRATTO: BARBAGALLO, UN SINDACO IN GIUNTA). Si ricompone così la delegazione del Pd. Il presidente tiene l'interim delle Autonomie locali: l'assessorato potrebbe andare a uno dei partiti rimasti fuori. Ma Sicilia Futura attacca: "Un errore smantellare la vecchia giunta".

il crocetta quater
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PALERMO – Dopo Fiumefreddo lascia anche Cleo Li Calzi. E l’area Lupo rientra al governo. Cambia ancora il Crocetta quater. Il quarto esecutivo di questa legislatura, appena uscito dal garage di Palazzo d’Orleans, è rimasto subito senza benzina. Fermo, sulla strada immaginaria delle riforme, dello sviluppo. La giunta sembrava fatta, ma non era così. Era già tutto da rifare. Fin da subito. Nel tardo pomeriggio di ieri si sono (ri)visti nella sede regionale del Pd, il segretario Fausto Raciti e il governatore Rosario Crocetta. Nel frattempo, è giunta la notizia del gran rifiuto di Antonio Fiumefreddo. Una novità che ha contribuito a sbloccare l’impasse. In che modo? Dopo Fiumefreddo, ha lasciato la giunta anche Cleo Li Calzi.

L’addio prematuro dell’assessore al Turismo e quello di Fiumefreddo, hanno quindi liberato due posti in giunta. Al posto della Li Calzi entra Anthony Barbagallo, deputato regionale vicino a Giuseppe Lupo. L’assessorato alle Autonomie locali, invece, per il momento torna ad interim nelle mani del governatore. Una poltrona che potrebbe andare a un esponente scelto dal presidente, ma in grado di rappresentare anche una delle forze politiche più piccole rimaste attualmente fuori (Psi-Megafono o Sicilia democratica, che non a caso hanno sottolineato la loro assenza dal Crocetta quater, senza usare, però, toni eccessivamente duri nei confronti del governatore).

Nel pomeriggio Giuseppe Lupo aveva chiesto, oltre alla nomina di Barbagallo anche la delega ai Beni culturali. Un problema non di poco conto, una matassa difficile da sbrogliare, visto che su quell’assessorato hanno messo le mani, attraverso il tecnico Carlo Vermiglio, gli esponenti siciliani di Ncd, Giuseppe Castiglione in testa. Lanciando quasi un aut-aut al governatore: “O restiamo alla guida dei Beni culturali, o lasciamo il governo”. Un nervosismo espresso del resto nelle scorse ore anche dall’Udc di Gianpiero D’Alia, che ha puntato il dito contro lo “stallo” provocato dal Partito democratico e addirittura ha ventilato l’ipotesi delle elezioni anticipate. Ipotesi che non è ancora del tutto esclusa a Roma. Sarebbe la prima scelta, stando a quanto ha fatto sapere agli uomini a lui più vicini, del sottosegretario Davide Faraone. Ma il partito non la pensa allo stesso modo. Nella Capitale, infatti, sembra che la vicenda del sindaco Ignazio Marino, più che suggerire una replica in Sicilia, abbia convinto i dirigenti democratici a evitare nuovi passaggi traumatici in una realtà importante e delicata come quella dell’Isola. Ieri, tra l’altro, il vicesegretario nazionale del partito Lorenzo Guerini ha più volte sentito Raciti. Telefonate in cui il vice di Renzi ha espresso tutta la sua preoccupazione per le vicende siciliane.

Nel frattempo, proprio nei minuti in cui il Pd e il governatore modificavano il giovanissimo volto del Crocetta quater, è arrivata una bordata anche dagli uomini di Totò Cardinale. “Avevamo raccomandato prudenza al presidente Crocetta prima di “smantellare” la Giunta precedente – si legge in una nota del coordinamento regionale di Sicilia Futura – e, purtroppo, i fatti ci hanno dato ragione. Oggi questa proposta politica così com’è formulata non ci appartiene perché non è frutto di un percorso condiviso con tutte le forze di maggioranza, come da noi più volte richiesto. Ribadiamo la necessità – prosegue la nota – di cambiare metodo ed affrontare in modo unitario, in un tavolo che riunisca tutte le componenti a sostegno del Governo, i temi programmatici fondamentali attorno cui condividere l’azione della maggioranza. Desideriamo preliminarmente comprendere quali forze politiche fanno parte di questo patto di fine legislatura e quali saranno gli obiettivi comuni sottoscritti. Un governo che dovesse avviare il proprio percorso di lavoro già dilaniato da divisioni interne frutto di diffidenza reciproca o tentativi di sopraffazione sarebbe da considerare una iattura per la Sicilia e non potrà mai vederci partecipi in questi termini – cnocludono gli uomini di Sicilia Futura – per il grande rispetto che abbiamo per le istituzioni che rappresentiamo e per i siciliani ed i loro bisogni”. In una parola, il movimento vicino a Renzi chiede a cosa sia servito questo rimpasto durato quindici giorni, questa nuova giunta che avrebbe dovuto unire i partiti e che ha finito invece, tra liti, accuse e ripensamenti, per far esplodere in mille pezzi la maggioranza. La stessa che dovrebbe finalmente far uscire la Sicilia dalla palude. Un’Isola immobile, in attesa da giorni di un nuovo governo. Un governo che Crocetta ha modificato ancora, anche oggi, accogliendo l’assessore numero 41 della legislatura. E in attesa di nominare il numero quarantadue.

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